Nessun Paese vota chi propone politiche di rigore. E l’austerità, non c’è da meravigliarsi, gli elettori italiani la vogliono mettere al bando. Ora spetta al Pd dar vita ad un governo che riformi davvero la legge elettorale, e all’Europa dare una svolta al rigore, partendo magari proprio dalla Germania post-voto.
In una conversazione con Formiche.net, l’economista e manager Innocenzo Cipolletta commenta lo scenario post-voto italiano, e stronca la proposta grillina dell’uscita dall’euro, “un suicidio e da cretini”, così come il ricorso al programma Omt della Bce, in grado di scatenare una guerra civile.
Niente stupore per i risultati italiani
“In ogni Paese europeo chiamato al voto vincono le forze che si oppongono al tipo di rigore proposto da Bruxelles – spiega Cipolletta a Formiche.net – Nell’eurozona c’è risentimento contro questo tipo di politiche, anche in Francia. In questo senso il risultato del voto italiano non mi meraviglia, anche perché l’offerta politica, tranne per il centro montiano che comunque puntava allo sviluppo, offriva un’alternativa alle politiche di austerità. Nessun Paese che vota è a favore del rigore”.
Un governo Pd per la riforma elettorale
La soluzione migliore per l’Italia “sarebbe quella di un governo di minoranza del Pd, il partito che ha comunque ottenuto il maggior numero di voti, con un programma limitato e con l’obiettivo principale della riforma elettorale – sottolinea -. Ridare al Pdl la possibilità di governare è l’ultima cosa da fare. Ora infatti, per fortuna o per disgrazia, è il momento ideale per convergere su un nuovo sistema elettorale, dato che nessuno partito ha speranze di vincere con questa legge”. E quale potrebbe essere in questo caso la reazione della finanza e dell’Unione europea? “Una soluzione simile godrebbe sicuramente di un giudizio positivo da parte di Bruxelles e dei mercati. Abbiamo raggiunto il controllo del disavanzo pubblico nel 2013 e non abbiamo scadenze troppo elevate di titoli pubblici: se anche se i tassi aumentassero per qualche mese non sarebbe la fine del mondo”, afferma l’economista.
L’uscita dall’euro: un suicidio di massa, e da cretini
Cipolletta stronca l’ipotesi dell’uscita dall’euro proposta da Grillo: “Anche un bambino capirebbe che se si andasse verso una moneta svalutata del 50-60%, di conseguenza diventeremmo tutti più poveri, avvantaggiando solo l’export, che rappresenta comunque il 20-25% del Pil. Un suicidio di massa, e da cretini”, chiosa.
Le conseguenze disastrose di un ricorso alla Bce
Secondo Cipolletta l’Omt (Outright Monetary Transactions, il piano di acquisto di bond da parte della Bce) è “un intervento sbagliato, a carattere punitivo. Il ricorso italiano al programma della Bce sarebbe democraticamente insopportabile. Un eventuale accordo del governo attuale con Bruxelles, vincolante per il prossimo esecutivo, rischierebbe di scatenare una guerra sociale. Tra l’altro, comunque, il paracadute di Francoforte funzione se non ci si scommette sopra. Draghi ha scelto una strada furbescamente ipocrita, è stato abile con le parole e il mercato gli ha creduto quando ha promesso che non avrebbe accettato uscite dall’euro. La seconda parte del discorso invece, quella sulla richiesta di interventi da parte dei paesi in difficoltà e sulle condizionalità, credo non la condivida neanche lui”, evidenzia.
L’Europa torni a ragionare
L’Europa “ha imparato che politiche di rigore condotte simultaneamente in ogni Paese in fasi di recessione non portano neanche agli obiettivi prefissati dalla stessa Unione. Ma è con il nuovo presidente dell’Ue e con una nuova Commissione che si potrebbe tornare a ragionare. E’ ora che l’Europa diventi più politica”. Margini di miglioramento nel senso di una maggiore flessibilità a livello economico potrebbero derivare dal voto a Berlino. “Se la cancelliera Merkel venisse riconfermata alle elezioni tedesche di settembre, non sarebbe più la stessa”, commenta.
Il focus europeo sul mercato interno
Ma fino a quel giorno, se davvero così fosse, come reagire alla guerra valutaria in corso? “L’Europa è un Paese di 500 milioni di consumatori che vive di domanda interna, non deve aspettare a esportare per crescere. E’ quindi la domanda interna che deve aumentare. Esiste ancora la sindrome dei 27 piccoli Paesi europei che giudicano l’export il motore della crescita. Ma il 50% dell’export di questi Stati è in Europa. Non abbiamo bisogno di una moneta che svaluti. Quello della necessità di perdita di valore della moneta unica è un discorso di brevissimo termine”, conclude Cipolletta.