Alberto Melloni, 54 anni, è uno dei più importanti storici della Chiesa in Italia ed autore del libro “Il conclave. Storia dell’elezione del Papa” (Il Mulino). Ordinario di storia del cristianesimo nell’Università di Modena-Reggio Emilia e titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace presso l’Università di Bologna, dirige la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna.
Editorialista, da anni, del Corriere della Sera, Melloni tiene attualmente un ciclo di sette “Lezioni dal Conclave” in onda la domenica su Rai3 dalle 13 alle 13.30. Formiche.net lo ha intervistato per parlare con lui della decisione di Benedetto XVI di rinunciare al pontificato e dell’imminente conclave.
Con la decisione di Benedetto XVI di porre anzitempo fine al proprio ministero petrino avrà inizio quella che lei stesso, in precedenza, ha definito come una “fase inedita”. Quali sono gli aspetti che la rendono tale?
Che il Papa potesse rinunciare era cosa abbastanza scontata dal momento che il codice di diritto canonico prevede espressamente la rinuncia da parte del pontefice in carica. Tale regola, per di più, vale per tutte le cariche ecclesiastiche in tutto il mondo. Certo è che il fatto che negli ultimi secoli, fatta eccezione per i casi già ricordati da tutti i giornali, ciò non sia mai avvenuto può creare qualche piccolo problema di gestione. La sede vacante è, infatti, il periodo in cui la Chiesa, ed in particolare i cardinali, fanno un bilancio della situazione, decidendo alcune volte di prendere direzioni nuove che trovano poi il proprio compimento all’interno del conclave. Talvolta, addirittura, si arriva ad una vera e propria revisione critica del pontificato appena terminato. Ciò, però, avviene normalmente in seguito alla morte del Papa. Il fatto che intercorrano due settimane tra la decisione di Benedetto XVI e l’inizio della sede vacante introduce elementi nuovi che richiedono una gestione molto accurata.
Con l’avvicinarsi della sede vacante si assiste, ogni giorno, alla pubblicazione di notizie relative alla copertura, da parte di cardinali che si apprestano ad eleggere il nuovo Papa, di abusi sessuali. Quale sarà, secondo lei, il peso di questi “scandali” sul prossimo conclave?
Spero, sinceramente, nessuno. E ne sono convinto. Con riferimento alla pedofilia siamo vicini ad un confine paradossale. Secondo le più recenti statistiche, il 99,7% dei casi di pedofilia, che io preferisco chiamare di stupro di bambini (perché questo è il vero nome), sono commessi da persone eterosessuali insospettabili che approfittano di particolari relazioni famigliari. Che una parte di questi criminali fosse rappresentata da preti era una cosa scontata. Che vi siano stati numerosi tentativi di coprire gli abusi sessuali compiuti da sacerdoti da parte di alcuni vescovi e cardinali mi sembra sia un dato di fatto. Bisogna però riconoscere come Benedetto XVI abbia adottato numerosi provvedimenti nei confronti di queste persone e abbia riformato completamente le norme canoniche volte a prevenire e reprimere tali tipi di abusi.
Recentemente la Segreteria di Stato è intervenuta con una nota molto pesante contro i media, accusandoli di diffondere notizie false. E’ probabile che si riferisse, in particolare, ad alcuni articoli che riportavano il contenuto del rapporto della Commissione cardinalizia sul caso Vatileaks. Anche Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, ha pubblicato un articolo dal titolo piuttosto eloquente: “Strategia della calunnia”. Anche lei ritiene che vi sia un accanimento dei media nei confronti della Chiesa?
A differenza dei casi di abusi sessuali, il rapporto segreto dei tre cardinali anziani potrebbe avere una certa enfasi sul conclave. La situazione che si è creata è molto delicata e corrisponde a quanto affermato dalla Segreteria di Stato nella sua nota. La Chiesa, però, non è sotto attacco dei media. Ci si trova dinanzi ad una classica propaganda in vista del conclave. Una propaganda portata avanti da chi propugna la necessità di un Papa dotato di parecchio potere e così in grado di fermare gli abusi di potere che si verificano all’interno della Curia romana. Anche se, ovviamente, bisogna tenere conto che nefandezze e violazione del segreto in Curia non rappresentano certo una novità.
Pochi giorni fa Benedetto XVI ha pubblicato il Motu proprio con il quale attribuisce al collegio cardinalizio la facoltà di abbreviare i tempi del conclave. Cosa cambia per l’elezione del nuovo Papa?
In realtà Benedetto XVI non ha cambiato proprio nulla, ma ha fatto solamente alcune piccole specificazioni. Recentemente era giunta voce che poiché tutti i cardinali si sarebbero trovati presumibilmente a Roma il 28 febbraio per salutare il Papa, Benedetto XVI avrebbe anticipato lui stesso i tempi del conclave in quanto non vi sarebbe stata alcuna ragione per aspettare più a lungo. Ciò, però, fortunatamente non si è verificato. Non è un caso, infatti, se le modifiche alle Costituzioni che disciplinano l’elezione di un pontefice vengono apportate dal Papa agli inizi del proprio pontificato. Ciò che si vuole evitare è, infatti, l’impressione che, apportando modifiche in prossimità del conclave, determinati cardinali abbiano cercato di ottenere, tramite pressioni sul Papa, vantaggi da sfruttare in sede conclavaria.
Sebbene la sede vacante si apra il 28 febbraio alle ore 20, di fatto essa si è aperta il giorno dell’annuncio delle dimissioni del Papa. Il Conclave, quindi, si svolgerà a distanza di almeno un mese da tale annuncio. Quali sono i rischi insiti in questo lungo periodo di attesa?
E’ evidente, in effetti, come questa volta, a differenza di quello del 2005, ci si trovi dinanzi ad un conclave lento. Manca, in particolare, lo spazio dedicato al funerale del Papa e a tutto quel carico emotivo ad esso legato. Alla morte di Giovanni Paolo II, i cardinali elettori furono veramente spaventati dall’ondata emotiva che la scomparsa di Papa Wojtyla aveva provocato nelle migliaia di fedeli accorsi in Piazza San Pietro. Fu questa paura a spingere i cardinali ad una scelta rapida, orientandosi verso colui che era stato uno dei più stretti collaboratori del Papa appena scomparso. Oggi, al contrario, non vi sono elementi di paura. In queste due settimane che sono trascorse tra l’annuncio della rinuncia e l’inizio della sede vacante Benedetto XVI si è ben guardato da dare indicazioni circa il profilo che dovrà avere il suo successore. E dubito che lo farà nei prossimi giorni. E i cardinali avuto anche tutto il tempo per riflettere sulle esigenze, anche in positivo, della Chiesa.
Secondo lei aleggerà il “fantasma” di Benedetto XVI sui cardinali riuniti in conclave?
Indubbiamente i cardinali elettori dovranno misurarsi con una persona che non è morta, come invece avviene di regola. Ed in particolare con una persona verso la quale provano un vero affetto e rispetto. Al tempo stesso, però, i cardinali hanno avuto, ed avranno, parecchio tempo per discutere tra loro, conoscersi meglio. Ed in questo saranno aiutati dal fatto che Benedetto XVI svanirà praticamente nel nulla rendendosi inaccessibile. Una sorta, quindi, di “clausura spirituale” che lascerà liberi i cardinali chiamati ad eleggere il suo successore.
Un’ultima domanda. Sarà italiano il nuovo Papa? La sembra pensare così Georg Ratzinger, il fratello di Benedetto XVI…
Insistere sui nomi, o sulla nazionalità del futuro pontefice, è un esercizio che rischia di vanificare piuttosto che di costruire. Certo è che, chiunque esso sia, il nuovo Papa sarà italiano in quanto sarà il nuovo vescovo di Roma. E se non sarà italiano, lo diventerà.