“Il cambiamento, piaccia o non piaccia c’è stato, forse il futuro della politica del nostro Paese dobbiamo immaginarcelo differente da quello che speravamo… Credo che sia costituzionalmente impossibile, ma se fossi il Capo dello Stato incaricherei il rappresentante dei 5 stelle (chi, a proposito, visto che Grillo non è stato eletto?) di formare il nuovo governo… Si costringerebbe i 5 Stelle ad assumersi la responsabilità di essere il primo partito italiano, come, piaccia o non piaccia, è. Hanno promesso molto per farsi eleggere, devono ora dimostrare di esserne in grado”. La proposta dello scrittore e sceneggiatore Sandrone Dazieri, lanciata martedì sul suo blog, è stata fatta da Beppe Grillo e poi rifiutata da Pierluigi Bersani. Sbagliando, secondo Dazieri, perché da fuori si ha un vantaggio strategico: è possibile punzecchiare e pretendere. Ed è ora di togliere quel beneficio al 5 Stelle e costringerli a fare.
Dazieri sarebbe il modello tipo di elettore del partito di Grillo: uomo di sinistra, vegetariano e pacifista, è testimonial di Medici Senza Frontiere. Ha diretto la collana Gialli della Mondadori, ed è autore della seguitissima serie di romanzi noir di “Il Gorilla”. Negli anni ‘90, e per 12 anni, è stato militante politico nei centri sociali, soprattutto nei comitati anti-nucleare.
In un’intervista con Formiche.net ha raccontato come all’epoca avevano già capito il potere della rete per l’organizzazione politica. L’idea di Grillo non è una novità. L’autore riconosce il valore del dibattito aperto, soprattutto con chi la pensa in maniera diversa. I commenti del suo blog www.sandronedazieri.it non devono superare nessun filtro. Ma secondo lui questa non è una qualità dei 5 Stelle.
Lei ha spiegato nel blog le sue ragioni per non votare 5 Stelle. Ma dopo i risultati elettorali sostiene che come primo partito politico devono governare. Quali dovrebbero essere le prime mosse del Movimento 5 Stelle per aiutare la governabilità del Paese? Cosa consiglia a Beppe Grillo e ai suoi?
“La mia posizione è netta: non sostengo 5 Stelle, non l’ho votato e non ho fiducia in loro. Ma giorni fa, dopo le elezioni, c’è stato un cambiamento. Prima – sostengono loro – erano un movimento e le scelte, le decisioni che prendevano, riguardavano soltanto i loro membri, gli aderenti. Oggi come vincitori sono entrati nelle istituzioni e sono un partito di governo. Non possono esserci più definizioni, usate da loro, come quella di ‘infiltrati’. Le loro scelte coinvolgono tutti i cittadini, anche quelli che non li hanno votati, come me. Per questo è necessario che ci sia un cambiamento di atteggiamento e di linguaggio. Ma quello non è nel dna dei militanti. Io discuto molto con loro, direttamente e attraverso il blog e i social network, e non si riescono a staccare da queste posture. Faccio un esempio banale: adesso come partito, i commenti, le proposte e le iniziative devono comunicarsi attraverso i canali istituzionali. Io mi aspetto una conferenza stampa, non devo essere costretto andare sul blog di Grillo”.
Quali sono le radici teoriche e culturali del Movimento 5 Stelle? Sono un movimento di sinistra, ambientalista e anti-industriale? Hanno davvero qualcosa di simile alla prima Lega? O si tratta di un movimento trasversale?
“Era senza dubbio trasversale, nasce da realtà locali con auto-organizzazione che poi sono state inglobate. Non definirei il 5S come un movimento con cultura di sinistra. Hanno riferimenti che vanno da Naomi Klein e il suo ‘No Logo’ fino a tendenze ecologiste ma sono fondamentalmente basati sul pensiero di due leader: Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. In un movimento di sinistra prima si discute, si decide e si crea, dopo si passa ai portavoce. Sono discussioni noiose, lunghe, nelle basi delle formazioni dei partiti, ma è un percorso necessario che va fatto per decidere la linea della strategia di lotta. Nel caso di 5S questa operazione è stata fatta alla rovescia. C’è questo pensatore unico, l’idolo Grillo, che ha pensato quello che secondo lui è il bene del Paese e con le sue conoscenze e amici ha convinto le persone. Alcune possono essere cose giuste, di altre non me ne frega niente, e su alcune cose sono totalmente contrario, ma ci deve essere la discussione”.
Ma visto che sono nati così, e con questa formula hanno avuto un gran successo elettorale, come possono cambiare natura?
“Loro sono già cambiati. Hanno già attraversato lo specchio, anche se non lo vogliono ammettere. Sono un partito di governo anche se non faranno il governo. Hanno un’identità debole fra loro, con versioni divergenti. Ho discusso con alcuni che sostengono che il loro modello è quello del presidente venezuelano Hugo Chávez. Nella prossima legislatura, è molto probabile che il movimento dica che è cambiato e si creeranno altri gruppi. Facciamo l’errore di cercare similitudini a fenomeni nuovi. Credo che il 5S deve essere visto per quello che è e quello che farà. Dobbiamo dare a loro la possibilità di governare, e dall’esterno farli cadere. Non lasciare che sia il momento a vincere”.
Che opinione ha di Gianroberto Casaleggio?
“Ho una dichiarata antipatia per il 5S ma sto provando a non giudicarli, ma a guardarli – perché ora come cittadino compete anche a me – senza la lente della dietrologia. Il Casaleggio che è dietro al potere, cosa faceva o non faceva prima, non mi interessa. In questo momento è importante sapere cosa fanno i 5 Stelle”.