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Il peso degli scandali sul Conclave

La vicenda del cardinale scozzese Keith O’Brien, travolto dallo scandalo delle molestie ad alcuni giovani sacerdoti ed autoescluso dal Conclave a pochi giorni dall’inizio della Sede vacante, la dice lunga sul peso che gli scandali potrebbero avere nella Cappella Sistina. Gli otto anni del Pontificato sono stati segnati da nodi che affondano le radici nei decenni precedenti ma sono venuti al pettine solo nell’era Ratzinger. E, ora, possono influire sulla scelta del suo successore.

Ovviamente non c’è una ‘agenda’ prefissata del Conclave, e saranno i cardinali, coordinati dal decano Angelo Sodano, a decidere quali temi trattare. E i temi – dal secolarismo al confronto con l’islam e le altre fedi, dal calo di vocazioni alla ‘competition’ con le sette sudamericane, dalla teologia alla pastorale – sono tanti. E’ però prevedibile che, al riparo da occhi indiscreti, il collegio cardinalizio affronti problemi ‘spinosi’, che l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI non hanno archiviato, anzi.

Innanzitutto la pedofilia. Benedetto XVI ha preso estremamente sul serio la questione. Ha dato un ‘giro di vite’ alle norme canoniche, ha scritto una lettera ai cattolici irlandesi, ha incontrato diversi gruppi di vittime, ha fatto dimettere numerosi vescovi, ha invitato gli episcopati a collaborare con la giustizia civile. La linea dura di Ratzinger ha suscitato plauso di alcuni, critiche di altri. Il ‘ratzingeriano’ Christoph Schoenborn si è scontrato con il cardinale decano Angelo Sodano, ex segretario di Stato di Giovanni Paolo II. Nei giorni precedenti l’annuncio della rinuncia del Papa, il nuovo scontro tra il vescovo di Los Angeles José Gomez (Opus dei), nominato da Ratzinger, e il suo predecessore, il cardinale Roger Mahony, venuto a Roma tra le proteste dei fedeli. E in Conclave il tema potrebbe pesare. Lanciando dei campioni della lotta alla pedofilia come lo stesso Schoenborn o come il cardinale di Boston Sean O’Malley.

O, quanto meno, sbarrando la strada, con il rischio di un giustizialismo un po’ sommario, a porporati con delle ‘ombre’, a volte tutte da appurare, nel loro curriculum (oltre a Mahony, tra gli altri, gli statunitensi Dolan e Rigali, l’irlandese Sean Brady, il belga Goodfried Daannels, il messicano Rivera Carrera, l’australiano Pell, nonché diversi cardinali della vecchia guardia wojtyliana che protessero il fondatore dei Legionari di Cristo, il sacerdote pedofilo messicano Marcial Maciel, condannato poi da Benedetto XVI).

Analogo potere ‘interdittivo’ potrebbe avere un altro ‘convitato di pietra’ al Conclave: lo Ior, e, più in generale, la questione delle finanze vaticane. Dopo lo scontro dei mesi scorsi con la Procura di Roma e la Banca d’Italia, la casella lasciata vacante a fine maggio da Ettore Gotti Tedeschi è stata finalmente riempita dal nuovo presidente, il tedesco Ernst von Freyberg. Ma le questioni aperte sono tante.

Il Vaticano è sotto osservazione di Moneyval, organismo del Consiglio d’Europa che misura l’adeguamento agli standard internazionali di anti-riciclaggio. E il suo nuovo presidente dovrà affrontare, nel prossimo pontificato, la crisi economica che tocca anche le casse vaticane, i rischi dei mercati finanziari, nonché il tema di una maggiore ‘accountability’ divenuta improcrastinabile soprattutto per i maggiori paesi donatori del Vaticano, Stati Uniti, Germania e Italia. Temi spinosi che certo non incideranno sulla scelta di un Papa-manager, ma potrebbero indurre i principi della Chiesa a evitare candidati privi di senso pratico e oculatezza pastorale. Papabili, peraltro, vengono considerati da più parti due dei cardinali del consiglio di sorveglianza dell`istituto, il brasiliano Scherer e l’indiano Toppo.

Sul Conclave, infine, pende la questione della fuga di notizie. La vicenda giudiziaria di Vatilekas si è conclusa con l’arresto, il processo, la condanna e poi la grazia del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele. Ma oltre al lavoro dei magistrati vaticani, il Papa aveva affidato una parallela, discretissima indagine senza limiti di mandato a una commissione ‘ad hoc’ composta dai cardinali Julian Herranz, Salvatore De Giorgi e Josef Tomko.

I tre anziani porporati consegnarono poi il 17 dicembre una relazione top-secret al solo Pontefice. Non è dato sapere cosa quel documento contenga, né se i tre ‘007’ abbiano individuato, oltre al perimetro della vicenda di Paolo Gabriele, anche circostanze e nomi di eventuali suggeritori, magari di alto grado ecclesiastico. Il settimanale ‘Panorama’, prima, e il quotidiano ‘La Repubblica’, poi, hanno scritto, tra l`altro, che il documento individuerebbe il ruolo di una potente “lobby gay” nello Stato pontificio.

 



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