Giornata da ricordare per il Dow Jones che, oltre cinque anni dopo il precedente record, ha fissato un nuovo massimo storico intraday al di sopra dei 14.200 punti, arrivando fino a 14.226,20 punti. Le blue chip, in attesa del dato sull’andamento del settore servizi, hanno dunque superato il precedente record fissato a 14.164,53 punti il 9 ottobre 2007. L’onda lunga della liquidità immessa nel mercato dalla Fed ha dunque inondato Wall Street.
I motivi del record
A spingere Wall Street potrebbero essere le previsioni di crescita della Cina e, quindi, la convinzione degli investitori sul continuo appoggio all’economia da parte delle maggiori banche centrali. Ma lo sprint americano si affida anche a titoli dinamici come Apple e Google. Dai minimi del marzo 2009 il Dow Jones è più che raddoppiato: a quota 14.207,94 punti il Dow Jones è sopra la chiusura record di 14.164,53 punti di quasi cinque anni e mezzo fa e il record intraday di 14.198,10 punti.
Il miglioramento dei dati sui servizi
Nel mese di febbraio, l’Ism servizi, che misura l’andamento del settore dei servizi negli Stati Uniti, è salito a 56 punti a febbraio dai 55,2 punti di gennaio. Il dato è migliore delle attese degli analisti, che avevano previsto un lieve ripiegamento a quota 55 punti. è salito per il 39esimo mese di fila raggiundo i 56 punti dai 55,2 di gennaio. Da segnalare che un valore al di sopra dei 50 punti indica una fase di espansione, mentre uno al di sotto corrisponde a una contrazione. Scomponendo l’indicatore, la componente dell’occupazione è scesa di 0,3 punti a 57,2 mentre quella dei nuovi ordini è salita di 3,8 punti a 58,2.
Euforia per il QE vs indifferenza degli investitori per il Sequester
Wall Street si tenga stretta il risultato. Il dinamismo degli investitori sembrerebbe un segnale di fiducia in Bernanke. Ma come inquadrare la batosta dei tagli decisi con il Sequester negli scorsi giorni? C’è da stupirsi che i mercati non siano appesantiti dall’impasse statunitense? Poco male, direbbe lo strategist di Kairos Alessandro Fugnoli. “Il caso vuole che di 85 miliardi sia anche l’importo dei titoli che la Fed acquista ogni mese in base al suo programma di Quantitative easing. Il moltiplicatore non è lo stesso, stiamo paragonando le pere con le mele, ma che per una mela in meno all’anno ci sia una pera in più al mese vorrà pure dire qualcosa”. I mercati cantino oggi, riuscendo magari a coprire anche le voci di chi si chiede quanto ancora sarà sostenibile un piano simile per le dissestate casse di Washington.