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Addio a Hugo Chávez, il socialista che voleva essere Bolivar

Hugo Chavez, per 13 anni presidente del Venezuela, è figlio di un maestro, cresciuto con la nonna. Nato il 28 luglio del 1954 a Sabaneta, deve tutta la sua formazione politica agli anni passati con i compagni d’armi nell’Accademia militare venezuelana e di studi, nella facoltà di scienze politiche Simòn Bòlivar, a Caracas. Qui matura la sua politica nazionalista di sinistra detta bolivariana, ispirata al leader rivoluzionario venezuelano, che porterà sulla scena politica alla fine degli anni ’90, dopo aver vissuto l’esperienza del carcere nel 1992 a causa della partecipazione al tentato colpo di Stato contro Perez. Nel 1999 diviene presidente del Venezuela e dopo poco, nel 2002, subisce lui stesso un golpe da cui si salva grazie a violente sollevazioni del popolo con cui ha avuto un rapporto sempre molto stretto. Le sue “misiones bolivarianas” distribuite sul territorio combattono povertà e analfabetismo nelle zone più arretrate del Paese secondo un modello di sviluppo nazionalista e basato sulla cooperazione fra tutti gli Stati sudamericani, nel nome del sogno bolivariano di un’America Latina unita. Il suo anti imperialismo si fa ancora più marcato in politica estera, diventa amico dei nemici degli Stati Uniti come il leader cubano Fidel Castro e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Dai suoi oppositori viene etichettato come populista ed è spesso oggetto di critiche da parte delle associazioni umanitarie per le ombre autoritarie della sua presidenza. Nel suo ultimo rapporto Amnesty international denuncia la difficoltà di esprimere il dissenso in Venezuela: minacce e attacchi contro i difensori dei diritti umani e di repressione degli oppositori. La sua ultima battaglia è stata la lotta contro il cancro che ha vissuto fra Cuba dove si è fatto curare e il Venezuela dove è sempre tornato per salutare il suo popolo.


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