L’elemento più inquietante delle due conferenze stampa di ieri del vicepresidente del Venezuela, Nicolás Maduro, dove annunciava la scomparsa del presidente del Venezuela Hugo Chávez, non è stato l’accenno all’avvelenamento da parte dei nemici americani, “l’inoculazione del cancro”, né l’espulsione dei due diplomatici americani con l’annuncio “avete 24 ore per fare le vostre valigie e andare via”. Tanto meno i militari in divisa che accompagnavano i ministri tra pianti e abbracci e commozione. Secondo la stampa locale e gli analisti è stata proprio un’assenza, quella del presidente dell’Assemblea nazionale, il Parlamento venezuelano, Diosdado Cabello, la fonte di maggiore preoccupazione.
L’articolo 234 della Costituzione del Venezuela dice che in “mancanza totale” del presidente della Repubblica, l’incarico passa al presidente dell’Assemblea nazionale ed entro 30 giorni devono essere convocate nuove elezioni. Ma il 10 dicembre del 2012 Chávez ha detto che, in caso di assenza, il suo successore doveva essere Nicolás Maduro. Così è stata “interpretata” un’altra volta ancora la legge dando un’aria di “incostituzionalità” a quanto sta avvenendo in queste ore in Venezuela. Ieri al momento dell’annuncio non c’era traccia di Cabello, un militare da sempre alleato del chavismo e figura di potere nelle forze armate venezuelane.
Come sostiene il quotidiano venezuelano El Universal, chavisti e antichavisti condividono oggi uno stesso sentimento: l’incertezza sul futuro del movimento politico che ha creato e sostenuto Hugo Chávez. E il futuro dello stesso Paese. I sospetti sulla morte di Chávez ci sono da almeno tre mesi, dall’ultima volta che è apparso in pubblico il 10 dicembre del 2012. Già settimane fa il giornalista venezuelano Luis Carlos Díaz aveva detto nel suo blog sul sito Prodavinci che il Partito unico socialista del Venezuela, il partito di Chávez, stava prendendo tempo per capire come contenere le divergenze all’interno dell’organizzazione. L’ultima bugia, quella dell’avvelenamento da parte degli americana, ha retto soltanto poche ore.
Cabello non si arrenderà e lotterà per la successione. È stato vicino a Chávez dai tempi dei colpi di Stato del 1992 e sostiene di meritarsi di più l’eredità del potere. In più, conta con l’appoggio delle forze armate. L’inquietudine è se questa lotta sarà con le armi. A queste fratture interne del partito si sommano le pretese nepotistiche – tipiche dei regimi latinoamericani – da parte dei fratelli Chávez: Adelis, Argenis e Adán. E delle figlie, anche loro molto presenti nei vertici del potere e notoriamente ambiziose: Maria Gabriela e Rosa Virginia.
I sondaggi indipendenti di un mese fa indicavano che il Psuv avrebbe perso il 50% del consenso con un altro candidato al posto di Chávez. Lo scrittore venezuelano Alberto Barrera Tyszka, autore del libro “Ugo Chávez, il nuovo Bolívar” (Dalai editore, 2007) ed editorialista del Nacional, sostiene che le intenzioni di Chávez potevano essere buone ma l’errore commesso ripetutamente in questi 15 anni al potere è stato avere sviluppato il progetto politico sulla sua figura, l’unico leader caudillo.
Lo aveva detto anche John Lee Anderson in un ritratto pubblicato nel 1999 sulla rivista New Yorker. Oggi, anni dopo, il giornalista americano scrive: “C’è un profondo vuoto per milioni di venezuelani e latinoamericani che lo vedevano come un eroe protettore, qualcuno che si ‘preoccupava’ per loro in un modo che nessun altro leader dell’America latina aveva fatto recentemente. Per loro oggi c’è l’angoscia e la disperazione di sapere che non ci sarà un altro come lui. Molto probabilmente hanno ragione. Maduro proverà a continuare la rivoluzione ma i problemi sociali ed economici che si sono accumulati, la delusione per la perdita del leader, estingueranno la rivoluzione inconclusa che Chávez ha lasciato dietro di sé”. La tendenza, molto latinoamericana, di trovare un Messia è stata la formula del successo del chavismo ma oggi minaccia di fare scomparire quell’atipico fenomeno insieme al suo creatore.