Il Venezuela è un Paese di contrasti. È morto Hugo Chávez ma tutto ciò che ha fatto comunque resterà. Nel bene e nel male. Per le strade di Caracas da ieri alle 4:25 (ora locale) c’è gente che piange e prega ma anche chi brinda e festeggia. Anche dopo la sua scomparsa fisica, la figura di Chávez rappresenta la natura di un Paese fatto di contraddizioni.
Usando il pensiero indipendentista e unificatore di Simón Bolívar, e mescolandolo liberamente con gli ideali della rivoluzione cubana, il presidente venezuelano si inventò quella che è stata definita la “rivoluzione bolivariana”, un nuovo sistema di socialismo del XXI secolo. Un modello innovativo fatto di luci e ombre.
La politica sociale
La sua gestione ha messo al centro le politiche sociali per favorire i più bisognosi: ha portato assistenza sanitaria e medici cubani nelle favela, ha sostenuto un ampio programma di alfabetizzazione senza precedenti nella storia. Secondo la Commissione Economica per l’America latina, tra il 2002 e il 2010 la povertà estrema in Venezuela si è ridotta dal 48,6% al 27,8%. L’assistenza pubblica, le cosiddette “missioni sociali”, cominciavano ad avere un impatto positivo. Le ricchezze petrolifere sembravano essere finalmente distribuite con giustizia.
La nazionalizzazione delle imprese
Grazie al sostegno popolare e alle risorse del petrolio, lo Stato venezuelano si è espanso. I limiti tra Stato, governo e la figura del presidente della Repubblica sono scomparsi. La nazionalizzazione delle imprese ha generato un clima di instabilità economica che ha fatto aumentare il deficit fiscale, l’inflazione e il debito pubblico. Qualche settimana fa il Bolívar fuerte, la moneta locale, si è dovuto svalutare di 46,5%.
Le diatribe con il mondo imprenditoriale privato
Gli scontri con il mondo imprenditoriale hanno allontanato investitori e l’industria ne ha risentito, al punto che persino gli alimenti di base per il consumo interno in Venezuela sono importati. Così il costo della vita è aumentato e uno dei Paesi con più risorse è di fatto una delle nazioni più povere del mondo. Solo nel 2012 più di 16.000 persone hanno perso la vita a mano della criminalità. Nel 2011 sono stati 18.000.
La guerra contro l’imperialismo Usa
La guerra contro “l’imperialismo” americano è stata un’altra bandiera di Chávez. I suoi amici in quella battaglia sono stati la Russia, la Siria, la Cina e particolarmente l’Iran. Ma sono stati proprio gli affari commerciali con gli Stati Uniti a permettergli di finanziare il suo progetto politico. Tra il 1999 e il 2011 il Venezuela ha esportato circa 341.000 milioni di dollari in petrolio e derivati. A favore ha avuto un innalzamento storico del prezzo del petrolio: quando è arrivato al potere nel 1999 il barile costava circa 10 dollari, oggi costa 100 dollari. Il record c’è stato nel 2008 a 145 dollari.
Il ruolo dell’oro nero
Il cosiddetto “oro nero” è stata la base strategica della politica di Chávez. Avendo a disposizione le riserve più grandi del mondo, stringeva alleanze regionali e non solo a base di petrolio. A Cuba dava petrolio in cambio di medici cubani e zucchero di canna, alla Bolivia dava petrolio in cambio di fagioli e solidarietà. Sempre da Simón Bolívar aveva ripescato il progetto di unificazione dell’America latina, la Gran Colombia. Perché se l’Europa, culturale e linguisticamente diversa ce l’ha fatta, perché Latinoamerica non potrebbe? La Banca del Sud, Unasur, Petrosur e Telesur sono alcune delle istituzioni di finanza, geopolitica, energia e comunicazioni che ha fondato per sviluppare quell’ambizioso e accertato progetto. Uno degli errori è stato l’immenso carico ideologico.
Il consenso popolare
Chávez chiudeva i giornali, le radio e le tv che gli erano avversi ma vinceva quando si misurava con i voti. Dal 1999 non aveva mai perso una elezione. Le campagne non erano sempre pari perché a disposizione aveva tutto il macchinario e i soldi dello Stato.
La personalizzazione
Il carattere personalista del suo progetto lascia un pesante punto interrogativo sul futuro del Venezuela: reggerà il chavismo senza Chávez? Ora partiti politici di opposizione e di governo, società civile e militare hanno davanti a loro una grande sfida: superare le divisioni per ricostruire insieme il Venezuela, un Paese con maggiore istruzione ma non necessariamente più libertà, un’economia di libero mercato controllata dallo Stato.