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Ora l’Udc non molli. Parla D’Onofrio

C’è delusione, ma bisogna andare avanti. Il professore centrista Francesco D’Onofrio, ex ministro, sintetizza così lo stato d’animo dopo il risultato delle elezioni politiche. “Il risultato complessivo della coalizione di Monti è largamente deludente. Non basta dire che era in campo da poche settimane perché c’è gente che opera da tempo nella società civile. E’ una clamorosa sconfitta. L’Udc deve guardare con attenzione a questo risultato elettorale”.

D’Onofrio prende atto che “la scelta di presentarsi divisi alla Camera e uniti al Senato è stata sbagliata. L’Udc così facendo ha corso un altissimo rischio. Anche alle regionali in Lombardia, Lazio e Molise avevamo una lista unitaria civica, si poteva fare così anche alla Camera”. Invece, presentandosi divisi “è stato molto difficile far percepire il simbolo e soprattutto l’identità dell’Udc, ed era del tutto normale che avremmo finito per fare i ‘donatori di sangue’. Era molto difficile far convivere contemporaneamente la società civile incarnata dalla lista Monti e la novità rappresentata dall’Udc, che invece è finita a rappresentare una politica ritenuta ormai demodé. Il professore ha incarnato la ‘nuova proposta politica’”.

Ora quindi, per il partito di Pier Ferdinando Casini, “si apre un problema serio. La sfida deve essere quella di rappresentare il nuovo equilibro tra società civile e politica, Parlamento e Governo, tra Stato unitario e federalismo, tra Italia e Unione europea. L’Udc deve insomma farsi portatrice di un nuovo equilibrio da proporre agli elettori”. Una cosa è certa: all’orizzonte non deve esserci nessuna ipotesi di scioglimento. “Non ci penso neanche”, dice D’Onofrio.

“Il voto al Movimento 5 Stelle non è solo di protesta – dice l’ex ministro – Ma il punto più importante è che il partito di Grillo tende a proporre un modello di governo che non è in linea con la nostra Costituzione. Loro non vogliono un governo parlamentare, ma uno assembleare, transitorio, dove centrale il Paralamento in quanto Assemblea e non il Governo. Tutto il contrario della seconda Repubblica”.



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