Forse perché ha un nome (quasi) impronunciabile. Forse perché ha appena assunto le sue nuove funzioni a Bruxelles. È comunque curioso che mentre a livello politico interno un po’ tutti preconizzano revisioni più o meno profonde delle regole dell’eurozona (da una marcia in più per l’unione bancaria, agli eurobond, a golden rule più o meno significative), tranne un breve accenno su Il Sole 24 Ore dello scorso 21 gennaio (al momento della sua nomina) nessuno parli in maniera approfondita di Jeroen Dijsselbloem, il nuovo presidente dell’Eurogruppo.
Il consesso comprende i ministri economici e finanziari dell’area dell’euro, il presidente della Bce, il commissario europeo agli Affari economici e finanziari e il presidente del gruppo di lavoro “Euro” del Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea.
È l’incarico – si ricorderà – a cui pareva mirasse Mario Monti prima della decisione di “salire in politica”; l’ostacolo principale era la contemporanea presenza di Mario Draghi alla guida della Bce.
Non è un ruolo di mero prestigio. Lo ha tenuto, per anni, Jean-Claude Juncker, a lungo presidente del Consiglio del Granducato del Lussemburgo. Sarà con Dijsselbloem che, quando ci sarà un nuovo Governo, avremo a che fare a proposito di unione bancaria, eurobond, golden rule od anche soltanto per come interpretare “l’equilibrio strutturale di bilancio” che ci siamo impegnati a raggiungere quest’anno (ma la prima relazione di cassa potrebbe costituire una doccia ghiacciata). Juncker è un aristocratico, garbato e sempre pronto alla mediazione.
Di Dijsselbloem, classe 1966, alcuni ricordano le vere e proprie battaglie, alla guida di giovani socialisti olandesi, contro l’installazione di euromissili americani a cavallo tra la fine degli Anni Settanta e l’inizio degli Anni Ottanta.
Si sa anche che un “cattosocialista” di razza, educato in scuole religiose, padre di due figli e molto attento al rigore morale. Da deputato ha condotto campagne contro la “sessualità e la pornografia” dilaganti (nei Paesi Bassi). Da ministro delle Finanze – lo è stato per quattro mesi prima di assumere il nuovo ruolo a Bruxelles – si è mostrato tutto di un pezzo rispetto a banche che chiedevano interventi (ricapitalizzazioni e simili); nel concederli, ha azzerato il valore di obbligazioni “di seconda classe” (con alti rendimenti ma anche rischio elevato) lasciando con un palmo di naso chi le aveva acquistate (“sapevano – avrebbe detto – che rischiavano……non c’è ragione perché se prendano carico i contribuenti”).
Il New York Times ha scritto che i detentori di obbligazioni di banche italiane in difficoltà (ex MPS) “devono essere pronti ad assorbire il totale delle perdite” come previsto da articoli del Trattato di Maastricht, sino ad ora raramente applicati ma che Dijsselbloem ha tutte le intenzioni di fare rispettare.
In Olanda, si è meritato due soprannomi: “l’ostrica” (così lo chiamano del mondo accademico) perché da un lato non è facile capire cosa ha in mente e dall’altro se sfidato frontalmente si chiude a riccio sino a quando l’interlocutore abbandona il campo; “punta e tacchi” perché se deve fare compromessi con la propria coscienza, ha sempre pronta una lettera di dimissioni. A 46 anni, convinto di avere fatto una carriera non disprezzabile, è certo che “rigore e fermezza pagano”. Usa ripetere che “chi sbaglia deve pagare”.
Nel suo ufficio, a Bruxelles, il clima è già cambiato. Non ci sono più i mazzi di fiori che facevano la gioia di Juncker. Nel mini-bar, il vino della Mosella è stato sostituito con barattoli di birra, sia bianca che nera. Si sentono ogni tanto parolacce, in olandese, francese ed inglese. Ogni tanto le voci raggiungono decibel impensati qualche mese fa. Frequentemente, però, dopo una conversazione “agitata”, Dijsselbloem scende con il suo interlocutore a farvi una bevuta di birra. Lo si vede ogni tanto a La Morte Subite, la celebre birreria che cominciò a frequentare quando guidava giovani coetanei contro la sede delle Nato.
Non facciamoci illusioni. Sarà un osso duro. È convinto che ci siamo messi nei guai con le nostre mani ed una buona penitenza non potrà che farci bene. Per noi, birra solo dopo una buona dose di cenere e carbone (ove non di bastonate sul sedere).