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Berlino consiglia a Roma una tassa cipriota (gradita a Bersani e Grillo…)

Oggi a Cipro, domani a Roma? L’Eurogruppo ha escluso che il prelievo forzoso sui conti in banca possa essere esteso ad altri Paesi. Eppure la domanda da brivido resta appesa sulla nostra testa come una spada di Damocle.

Alcune dure e chiare uscite di autorevoli esponenti del Modell Deutschland fanno capire che è proprio quel che importanti ambienti economici e politici tedeschi pensano di propinare all’Italia. C’è stato l’ukase di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank: l’Italia non ha i titoli per chiedere un aiuto della Bce se non prosegue sulla strada del rigore e delle riforme. E c’è la campagna sulla ricchezza degli italiani che tambureggia sui giornali economici.

Per spiegare che non siamo come la Grecia, più volte abbiamo sbandierato la nostra ricchezza patrimoniale e finanziaria. Bene, bravi – replicano adesso i tedeschi – allora pagate. Lo spiega Joerg Kramer, capo economista di Commerzbank e suggerisce anche come. La ricchezza finanziaria italiana è pari al 175% del Pil, quella tedesca è solo al 125%. Una patrimoniale del 15% potrebbe riportare il debito italiano sotto quota 100. L’imposta dovrebbe essere accoppiata a un prelievo straordinario una tantum su depositi e titoli, insomma una cura Amato ’92, ma ancor più amara. Il modello Cipro. Il tutto sullo sfondo della propaganda anti-euro che fa proseliti tra economisti, industriali, banchieri, riuniti nell’associazione Alternativa per la Germania.

Il tam tam cresce e si fa assordante. Finora la Cancelleria resiste. Anzi, preoccupata, lancia segnali accomodanti. Dice che l’Italia ha tutto il diritto di fare investimenti produttivi in deficit se mantiene il disavanzo totale sotto il 3% e conferma il surplus al netto degli interessi. Ma il voto s’avvicina e l’ordalia punitiva conquista gli elettori (non solo i conservatori). Dunque, la sindrome cipriota non è affatto un esercizio di scuola. Del resto, la patrimoniale è scritta nel programma del Pd  e la chiedono gli stessi grillini. Dunque, i tedeschi saranno anche perfidi, però non si inventano nulla. E’ questa la via d’uscita?

La patrimoniale suscita naturalmente l’avversione dei ceti medio-alti. Economisti che, citando Einaudi, non sono contrari, rammentano l’enorme difficoltà di acchiappare la ricchezza finanziaria, mobile di per sé. “Il capitale è un ectoplasma”, diceva Joan Robinson, musa del keynesismo di sinistra. Quanto agli immobili, l’Imu è già una patrimoniale, dunque è difficile che possa esserne imposta un’altra. Alla fine della fiera resta il prelievo forzoso sui risparmi e sui depositi bancari. Esattamente come a Cipro. Verrebbe pagato non dai ricchi che polverizzano i loro patrimoni in una miriade di società, ma dai cassettisti che hanno comprato titoli Eni, Enel, Generali, o da quello che una volta si chiamava Bot people.

E cosa riceverebbero in cambio? La crescita, l’allentamento della stretta, la riduzione delle aliquote? In tal caso, potrebbe anche diventare un patto vantaggioso, almeno nel medio periodo. No, otterrebbero la stessa politica di austerità, precondizione per stare nell’euro, esattamente come dice Weidmann. Uno scambio ineguale tra impoverimento dell’Italia e arricchimento della Germania che continua ad attrarre capitali in cerca di rifugio sicuro, grazie all’euro forte, al merito di credito e alla deflazione salariale. A queste condizioni, a Roma ci vorrebbe un governo che dicesse chiaramente no, ribaltando la frittata.

Ci vorrebbe. Se non c’è, allora comanda chi può e chi sa. La politica non ammette vuoti. Sarà per questo che anche Mario Draghi si sta prudentemente spostando verso la Bundesbank?

Stefano Cingolani



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