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I tradizionalisti mugugnano per le innovazioni di Papa Francesco

E’ dai tempi del funerale di Giovanni Paolo II, nell’aprile del 2005, che Piazza San Pietro e Via della Conciliazione non sono state così piene di fedeli accorsi da tutto il mondo per assistere all’elezione del nuovo Papa e per partecipare alla messa tenuta questa mattinata.

Il cardinale argentino Bergoglio, ora divenuto Papa Francesco, ha fatto breccia, con le sue parole, la sua semplicità e la richiesta di una Chiesa povera che operi per strada, nel cuore di milioni di fedeli. Sembra, però, che ci sia una parte della Chiesa che sta iniziando a “storcere il naso” per lo stile che Papa Francesco sta imprimendo al proprio pontificato, ben diverso da quello del suo predecessore Benedetto XVI. Si tratta, infatti, dell’ala più tradizionalista della Chiesa, quella che ha trovato in Benedetto XVI la sponda principale in Vaticano, e che ora, dinanzi alle parole ma, soprattutto, ai gesti di Papa Francesco, inizia a preoccuparsi.

I tentativi (falliti) di riavvicinarsi ai lefebvriani
Benedetto XVI, amante del latino e della liturgia, ha fatto del riavvicinamento alla Fraternità San Pio X uno degli assi portanti del suo pontificato. Sin da subito, infatti, ha cercato di andare incontro alle richieste ed alle esigenze di quei fedeli ancora legati alla tradizione. Nel gennaio del 2009 la tanto contestata revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, tra i quali anche quel Williamson che in precedenti interviste aveva negato l’olocausto ebraico. Una revoca, quella della scomunica, arrivata dopo che verso la fine del 2007 Papa Benedetto XVI aveva liberalizzato la messa in lingua latina, nel solco di un’interpretazione del Concilio Vaticano II come continuità e non rottura. Ed è proprio durante il pontificato di Papa Ratzinger che si è arrivati molto vicino alla tanto attesa riconciliazione. Benedetto XVI, infatti, ha proposto alla Fraternità San Pio X la trasformazione in una prelatura personale, sul tipo di quella dell’Opus Dei, chiedendo in cambio la firma di un “preambolo dottrinale”. Ad oggi, però, la Fraternità non ha ancora fatto pervenire una risposta definitiva a tale proposta, ma sono in pochi a credere che essa possa essere positiva, nonostante alcune presunte divisioni che sembrano esistere sul punto all’interno dell’ala tradizionalista.

Il rischio di un Papa lefebvriano
Secondo un articolo pubblicato su Il Foglio, nei giorni precedenti al conclave il rischio che veniva maggiormente percepito dai cardinali elettori era quello di un Papa lefebvriano, con conseguente ritorno “alla balaustra, al pulpito e al sacerdote che celebra con le spalle rivolte ai fedeli con paramenti riesumati dalla naftalina”. Si dice, addirittura, che nelle cartelline consegnate ai singoli cardinali siano state inserite immagini di porporati vestiti come si usava in passato e che uno di loro, rimpiangendo lo stile sobrio di Giovanni Paolo II, abbia sospirato “pensi come sarebbe assistere a una Messa celebrata in questo modo dal Papa”. Ma quali erano, in conclave, i difensori della tradizione? Tra i 115 cardinali elettori, due in particolare si sono distinti in passato per la loro vicinanza alla liturgia tridentina. L’arcivescovo di Colombo Ranjith, allontanato in passato dalla curia romana, probabilmente proprio a causa di queste sue posizioni, e prontamente richiamato da Papa Ratzinger come Segretario della Congregazione per il culto divino, e il cardinale americano Leo Burke, prefetto del Supremo tribunale della segnatura apostolica, che presenta uno stile sicuramente diverso da quello dei suoi “colleghi” americani, quali, ad esempio, l’arcivescovo di New York Timothy Dolan o il cappuccino di Boston Sean O’Malley.

La reazione ufficiale della Fraternità San Pio X
Dal quartiere generale della Fraternità nessuna scena di giubilo, nessun riferimento al dialogo intrapreso con Benedetto XVI, ma solamente un breve comunicato stampa all’interno del quale, ovviamente, viene citato San Pio X: “Non vogliamo essere, e con l’aiuto di Dio, noi non saremo nient’altro, in mezzo alla società umana, che il ministro di Dio, che ci ha rivestito della sua autorità. I suoi interessi sono i nostri interessi: dedicare ad essi le nostre forze e la nostra vita, questa è la nostra determinazione incrollabile”. Una reazione ufficiale, quella della Fraternità, con un linguaggio molto ricercato e studiato parola per parola, come è nel loro stile, che mal si concilia, però, con il clima gioioso e, soprattutto, semplice ed immediato che si è creato intorno al nuovo Papa, facilmente rinvenibile anche all’interno di altre “parti” della Chiesa. Obbedienza e rispetto per il successore di Benedetto XVI anche se difficilmente l’ala tradizionalista aveva nel cardinale Bergoglio il proprio “candidato” al Papato. Le speranze sono ora tutte concentrate sulla scelta del Segretario di Stato. E’ li, infatti, che i tradizionalisti giocheranno la partita più importante. Se Papa Francesco dovesse scegliere un italiano come sostituto del cardinale Bertone, e la scelta dovesse ricadere sul cardinale genovese Piacenza, l’ultimo grande allievo del cardinale Siri, allora potrebbero dire di avere “vinto”. Ma se così non fosse, il rischio di un loro ritorno nell’ombra potrebbe essere molto forte.

Il tempo delle carnevalate è finito
“Quella roba se la metta lei, monsignore. Il tempo delle carnevalate è finito”. Sembra siano state queste le parole rivolte da Papa Francesco al maestro delle cerimonie Marini quando quest’ultimo ha invitato il neoeletto ad indossare gli abiti pontificali da sempre utilizzati dai Papi nel corso della prima messa celebrata nella Cappella Sistina. Una reazione, quella di Papa Francesco, che ha mandato in fibrillazione i simpatizzanti della liturgia tradizionalista che hanno nel blog “Messainlatino” il loro centro di aggregazione. Al di là dei singoli commenti dei visitatori del blog, infatti, è sufficiente leggere quanto scritto nei vari post. Una prima critica, infatti, viene mossa alla decisione di far servire la messa ai frati francescani della Verna: “Guido Marini e i cerimonieri pontifici sono stati esonerati in vista della cerimonia per la Messa di inaugurazione del nuovo Vescovo di Roma. Ne faranno le veci i francescani della Verna, un modo ulteriore per il gesuita Bergoglio di darsi quell’allure francescana cui i media tengono tanto, e lui di conseguenza”. Ma è proprio il presunto trattamento riservato a Mons. Marini a far letteralmente infuriare i tradizionalisti: “Un superiore (il Papa) che si rivolge ad un sottoposto in modo così sprezzante, e insultante per lui, per Papa Benedetto, e in fin dei conti per i Papi di vari secoli che quegli abiti da carnevale hanno sempre indossato, ben più consci della loro funzione che l’attuale loro successore, si commenta da sé”. Già, proprio quel Benedetto XVI contro il quale i tradizionalisti vorrebbero schierare l’attuale pontefice dal momento che Papa Francesco starebbe dimostrando verso il suo predecessore “una mancanza di tatto ingiustificata e incomprensibile”. E chissà cosa devono avere pensato quando, guardando la prima celebrazione in diretta televisiva, si sono accorti di come il nuovo Papa abbia immediatamente fatto rimettere nella Sistina l’altare postconcliare…

Cosa farà Papa Francesco?
Nonostante questi suoi atteggiamenti, definiti come “progressisti” dalla stampa, Papa Francesco è in realtà un conservatore sotto il punto di vista dottrinario, in piena sintonia con Benedetto XVI. Difficilmente Papa Bergoglio sconfesserà quanto fatto da Benedetto XVI nel tentativo di riavvicinamento con i lefebvriani. Verrà probabilmente concesso un nuovo ultimatum alla Fraternità e non è escluso che il Papa possa decidere di incontrare almeno una volta Mons. Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, per poi prendere una decisione finale. Certo è che non verranno fatte ulteriori concessioni. Spetterà ai lefebvriani decidere se “rientrare nella Chiesa” accettando le condizioni poste dalla Santa Sede. Ma visto il loro atteggiamento, sorge spontanea la domanda: lo vogliono veramente?



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