Gli ultimi dati diffusi pochi giorni fa dall’Agenzia del territorio, relativi all’ultimo trimestre 2012 non lasciano molto spazio all’immaginazione: il mattone italiano è in coma profondo. Il totale delle transazioni è calato del 30,5% rispetto all’ultimo trimestre del 2011, quando già il mercato era forte ribasso, con un totale di 444.018 transazioni effettuate.
Su base annua la discesa delle compravendite è stata del 25,8%. A soffrire di più è stato il settore residenziale. Se si confronta il dato di fine 2012 con quello del 2006, quando le compravendite furono 869.000, si capisce bene l’entità del terremoto che sta investendo il settore immobiliare.
In pratica, per trovare numeri peggiori di quelli del quarto trimestre 2012 bisogna tornare indietro di quasi trent’anni. Addirittura al 1985, quando le vendite si inchiodarono a 430.000. Dopo ci fu una piccola ripresa, che però si annullò nel 1992, l’anno nero dell’Italia, quando le compravendite scesero di nuovo a 467.000 nell’ultimo trimestre: sempre più dell’anno scorso.
Rimagono pochi dubbi, quindi: il ciclo positivo, iniziato alla fine degli anni ’90 e durato fino al 2006, si è ormai invertito.
La domanda, a questo punto, è quanto reggerà ancora il livello attuale dei prezzi. L’Agenzia nota che nel 2012 il valore di scambio totale delle transazioni italiane è stato di 74,6 miliardi di euro, in calo di 26 miliardi rispetto al 2011. Il succo è che i prezzi sono calati un po’ dappertutto (unica eccezione Verona), e ormai il valore di un’abitazione compravenduta, nel secondo semestre 2012, quota intorno ai 167.000 euro. Ma è ovviamente solo una media.
Le quotazioni sono più elevate sono a Roma, Bologna e Firenze, che costano circa 3.000 euro a metro quadro, poco sopra Milano, mentre le quotazioni più basse sono quelle di Palermo e Catania. La caduta dei prezzi però non ha risparmiato neanche la Capitale, che ha visto un calo dello 0,6% nell’ultimo semestre 2012.
Ma sono due gli elementi “sistemici” che fanno riflettere. Il primo è che sono diminuiti gli acquisti con relativa accensione di un mutuo ipotecario, crollate addirittura del 38,6% rispetto al 2011, mentre il valore dei mutui erogati si è fermato a 19,6 miliardi, a fronte dei 34 miliardi erogati nel 2011: – 42,8%.
Significa che l’acquisto di casa, quando avviene, avviene attingendo sempre più a risorse proprie. E ciò spiega perché le vendite calino: comprare casa è possibile solo per chi ha già il denaro, e quindi di per sé una minoranza. Quei pochi che fanno un mutuo devono indebitarsi in media per 23 anni, con una rata che pesa intorno a 700 euro al mese. Il capitale medio di mutuo erogato è di 126.000 euro. Con questi numeri, comprare casa in una grande città come Roma per una famiglia di quattro persone è praticamente escluso, a meno che non si disponga di capitale proprio.
Il secondo dato “sistemico” interessante è che sono calate anche le compravendite di nude proprietà, ossia di quegli acquisti che in gran parte si fanno per investimento. Nel IV trimestre c’è stato un calo del 31,4%, in linea con il calo registrato per tutti i trimestri nell’anno.
Significa che chi vuole investire sul mattone ci pensa sempre più su, anche quando si tratta di spuntare un buon prezzo, come accade quando si compra la nuda proprietà. Il che è comprensbile, visto che il nudo proprietario a fronte dell’esborso non incassa nulla. E ci deve pure pagare le tasse.
Rimane aperta la questione dei prezzi. Molti analisti pensano che il congelamento delle transazioni sia il preludio di una brusca correzione dei prezzi. La qualcosa avrebbe un effetto devastante sulla ricchezza delle famiglie italiane, che in larga parte è basata proprio sul mattone, e sui conti economici delle istituzioni finanziarie e previdenziali, gonfie di mattone che rischia di rimaner loro in pancia a prezzi da realizzo.
Un mattone indigeribile. Come accadde a fine anni ’80.