Giù la deflazione, su gli stipendi. Le imprese del Giappone si adeguino. Il premier nipponico Shinzo Abe sa che, con le sue indicazioni, si gioca il favore del mondo produttivo, che potrebbe cedere alla tentazione di abbassare i costi scegliendo di stabilirsi in economie più vantaggiose. Ma, d’altra parte, si affida alla spinta monetaria della Banca centrale e al suo programma di liberalizzazioni, in uno dei Paesi con le più alte barriere protezionistiche.
Gli obiettivi del governatore Kuroda
Il nuovo leader della Boj, Haruhiko Kuroda, ha dichiarato di puntare tutti gli sforzi sulla lotta alla deflazione, glissando sulla convocazione di un vertice straordinario dell’istituto prima di aprile. “Gli ho detto – ha dichiarato Kuroda dopo aver incontrato il premier Shinzo Abe – che farò tutti gli sforzi per spingere il Giappone fuori dalla deflazione”. Il 68enne banchiere centrale ha aggiunto di prevedere molte “difficoltà” per far riprendere l’economia nipponica e far risalire i prezzi dopo 15 anni di deflazione. Tuttavia, ha spiegato, “dobbiamo riuscirci e credo ci riusciremo”.
La svalutazione (normale) dello yen
Sul tema dello svalutazione dello yen, Kuroda ha ricordato che “se è vero che la politica monetaria va a impattare sui tassi di cambio, d’altra parte questi tassi non sono l’obiettivo della banca centrale e vengono liberamente determinati dal mercato”. Una posizione simile a quella espressa nelle scorse ore dal ministro delle Finanze Taro Aso che ha ricordato come lo yen si fosse fortemente apprezzato rispetto al dollaro dopo il crollo di Lehman Brothers nel 2008 e ora semplicemente ci sia in una fase di correzione rispetto a quell’estremo.
Aumentare gli stipendi
Ma gli sforzi per far ripartire l’economia ricadranno sulle spalle delle imprese. Non solo sul debito pubblico del Paese. A tre mesi di distanza dall’assunzione dell’incarico, Abe ha fatto una preghiera inusuale alle imprese: aumentare gli stipendi. I manager non stavano andando in questa direzione perché i prezzi, e i profitti, non stavano salendo, proprio per il fatto che le paghe non aumentavano. Ma, sembra dire Abe, se il Giappone deve uscire da questa spirale deflazionistica, qualcuno dovrà pur fare qualcosa di straordinario.
I rischi per i consumatori
L’idea del premier è che le società comincino a generare aspettative di guadagni crescenti, altrimenti le politiche volte a stimolare l’inflazione, mantra dell’Abenomics, finirebbero per danneggiare i consumatori riducendo il loro potere d’acquisto.
La cautela dei lavoratori
Certo, si dice a Tokyo, servirà del tempo prima che le società siano pronte ad aumentare i costi fissi. La stessa cautela però proviene dai lavoratori. “Nell’industria automobilistica, ad esempio, dieci delle dodici maggiori società hanno concesso i bonus che i sindacati andavano chiedendo, ottenendo il miglior risultato degli ultimi otto anni”, spiega al Financial Times Hidenari Hori, esponente del sindacato dei dipendenti dell’industria automobilistica giapponese, la Japan Automobile Workers’ Unions (Jaw).
Produzione all’estero?
“Gli obiettivi di Abe sono ammirevoli – prosegue -. Cercare di stroncare la deflazione, ravvivando l’economia del Paese, è un’ottima cosa. Ma come sindacati dobbiamo essere responsabili e fare il nostro meglio per lo sviluppo del settore auto. Lo yen si è svalutato, ma è ancora scambiato a livelli alti, e le società stanno spostando la loro produzione oltreoceano in cerca di costi minori”, conclude.