Tanto rumore per nulla. Il tanto atteso, agognato, invocato, e finanche annunciato dal Tesoro, decreto per sbloccare i debiti della pubblica amministrazione e dare quindi liquidità alle aziende private sempre più in affanno, non c’è.
Il consiglio dei ministri oggi si è riunito, dopo mesi e mesi di discussioni tecniche e interministeriali, e dopo pure un’intervista del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, in cui diceva che il provvedimento era pronto anche grazie una interpretazione più benevola della Ue sul tema, ma il decreto non solo non è stato approvato ma non è stato neppure presentato in consiglio dei ministri. La questione passa così al prossimo esecutivo.
E’ stata approvata invece solo una relazione al Parlamento con un paio di numeri e alcune stime d’impatto per i pagamenti che forse avverranno dal secondo semestre dell’anno. Da ambienti governativi si nota che si punta di fatto ad avere una copertura parlamentare al provvedimento su cui permangono difficoltà tecniche. “Balle, sono degli imbelli”, rispondono altri ambienti governativi.
La realtà è che dal ministero dello Sviluppo economico guidato da Corrado Passera (assente, forse non a caso, nella conferenza stampa post consiglio dei ministri di oggi), da tempo i tecnici avevano approntato il decreto. Ma il governo ha adottato solo la certificazione dei debiti; certificazione che però, come ha notato Grilli in conferenza stampa, non ha avuto gli effetti sperati. Il problema che gli enti della pubblica amministrazione non avevano incentivi a certificare i debiti, notano gli addetti ai lavori criticando l’esecutivo.
Il risultato politico e sociale, come ha sottolineato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è l’ennesimo rinvio. Nonostante il forcing anche della Confindustria presieduta da Giorgio Squinzi, il governo invece di decidere ha deciso di soprassedere. Provocando delusione e rabbia tra le imprese.
Resta un dubbio: chi ha voluto non decidere? Grilli o Monti? O tutti e due?