Sono i primi due libri di Papa Francesco, tradotti in lingua italiana a tempo di record dalla casa editrice bolognese EMI (Editrice Missionaria Italiana), quelli presentati questa mattina presso la sede della Civiltà Cattolica, la storica rivista dei Gesuiti, ordine al quale appartiene anche il nuovo Pontefice.
“Guarire dalla corruzione” e “Umiltà, la strada verso Dio” sono testi che l’allora cardinale Bergoglio offrì nel 2005 alla riflessione della sua diocesi riunita in assemblea. Entrambi i testi sono impregnati di spiritualità ignaziana, così come essa si esprime negli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, alla quale questi libri attingono per descrivere i meccanismi profondi ed offrire vie di soluzione a fenomeni di estrema attualità quali la corruzione e l’urgenza di una vita ecclesiale improntata alla carità fraterna.
Se il libro dedicato alla corruzione è un testo di carattere morale, in quanto Bergoglio individua nel “cuore” la radice della corruzione, distinguendo poi, con grande originalità, questo fenomeno dal peccato, dall’altro lato il libro “Umiltà, la strada verso Dio” è un testo di carattere spiccatamente spirituale, essendo una sorta di introduzione ad un testo di Doroteo di Gaza sulla pratica dell’umiltà.
Di questi testi e della loro attualità hanno discusso questa mattina padre Antonio Spadaro, gesuita nonché direttore de La Civiltà Cattolica, don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, Lucetta Scaraffia, professoressa di storia contemporanea presso l’Università La Sapienza e Lorenzo Fazzini, direttore della casa editrice EMI.
Padre Spadaro, che ha definito l’elezione di Papa Francesco come un “momento importante di continuità e cambiamento nella storia della Chiesa”, ha provato a descrivere cosa significhi l’elezione al soglio di Pietro di un gesuita. Secondo il direttore della Civiltà Cattolica i gesuiti “fanno un voto speciale di obbedienza al Papa perché lui ha una visione più universale della Chiesa e sa quali sono le frontiere sulle quali inviarci. Se uno di noi diventa Papa questo fatto è da comprendersi come il più alto servizio alla Ecclesia universa”. Spadaro si è poi soffermato sulla visione che Bergoglio aveva della Chiesa quando era arcivescovo di Buenos Aires. Una visione che, secondo padre Spadaro, è “inclusiva” nel senso che si tratta di una Chiesa “non autoreferenziale, ma aperta a tutti”. Risuonano ancora forti, infatti, certe parole di Bergoglio: “si deve evitare la malattia spirituale della Chiesa autoreferenziale: quando lo diventa, la Chiesa si ammala”. Non è mancato, poi, un cenno alla “Chiesa povera” di cui Papa Francesco sembra essere un grande fautore. Secondo Spadaro, però, tale concetto deve essere inteso correttamente, nel senso di “una povertà gesuitica, che non coincide esattamente con l’ideologia della povertà e che è l’opposto della borghesia dello spirito”. La povertà di Francesco è, infatti, “la povertà della coscienza, che non ha regole fisse, dalla quale deriva la povertà dei segni”.
Lorenzo Fazzini, direttore della casa editrice EMI, ha raccontato la genesi di queste traduzioni, da lui stesso definite come “un piccolo, grande miracolo per una casa editrice artigianale come la nostra fatta di una mezza dozzina o poco più di collaboratori”. Secondo Fazzini, però, nei titoli dei due libri di Papa Francesco si può già rinvenire una sorta di “bignami” del programma del nuovo pontefice. “Papa Francesco” – secondo Fazzini – “diventa per noi tutti un pungolo ed uno sprone, credenti e non credenti, ad interrogarci su quali uomini e donne vogliamo essere”. E “leggerli e rileggerli, tenerli a portata di mano, potrà essere una fortuna feconda di bene che auguro a voi” ha concluso il direttore dell’EMI.
Se in questi giorni tutti gli organi di informazione hanno affiancato, se non addirittura immedesimato, la figura di Papa Francesco al Santo di Assisi, questi due libri rimandano invece alla vicinanza del nuovo pontefice ad Ignazio di Loyola. E’ questo il pensiero di Lucetta Scaraffia, professoressa di storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma. Secondo la professoressa Scaraffia “da questi due libri emerge in modo chiaro l’aspetto severo di Papa Francesco”. Non nel senso, però, di “una Chiesa che ammonisce dall’esterno” ma nel senso di “guardare a se stessi con occhi limpidi e severi” attraverso un percorso di ascesi spirituale. Papa Francesco è, secondo Scaraffia, “un vero gesuita allenato alla profonda conoscenza delle anime”, caratteristica comune all’intero ordine. Non è mancata, poi, una piccola “polemica” con l’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, autore di una postfazione al testo sulla corruzione, nella quale l’ex presidente dell’antimafia invita a fare della lotta alla corruzione una “priorità della politica”. Secondo la professoressa Scaraffia, infatti, il libro sulla corruzione va ben al di là di quanto proposto da Grasso, assumendo un significato più ampio e profondo. “Non si tratta, qui, di riferirsi ai soli peccati morali e politici, ma alla corruzione dell’anima, che rende accettabile il peccato”. Un Papa, Francesco, che è sbagliato continuare a contrapporre a Benedetto XVI, dal momento che “queste due persone sono unite dallo stesso amore per la Chiesa e dall’intensità della preghiera. Due Papi, quindi, diversi ma complementari”.
Don Ciotti, presidente dell’associazione Libera, ha ricordato come sia stato un altro importante gesuita a parlare per primo di “corruzione”. Si tratta dell’allora arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini che nel 1984, quando ancora era lontano lo spettro di tangentopoli, parlò di “tre tipi di peste”. Accanto alla solitudine ed alla violenza, Martini parlò espressamente di “corruzione bianca”. Don Ciotti non ha mancato, poi, di sottolineare la vicinanza tra il cardinale Martini ed il cardinale Bergoglio. Fu proprio Martini, secondo don Ciotti, a spingere molti cardinali elettori a votare, almeno inizialmente, per l’allora arcivescovo di Buenos Aires nel conclave del 2005 che poi elesse Joseph Ratzinger. Ciò che ha colpito particolarmente il presidente di Libera è stato il riferimento, nel libro di Bergoglio, alla “corruzione dei religiosi”. Un tema che, secondo viene affrontato “con delicatezza ma, al contempo, in maniera molto graffiante” dal momento che essa viene definita da Bergoglio come “la chiusura e la resistenza dell’anima al cambiamento”. Un libro, quello sulla corruzione, che per don Ciotti è di estrema attualità e che “dovrebbe essere regalato non solo a tutti i ministri, ma anche a tutti i nostri parlamentari, anche se tra di loro c’è anche brava gente”.
A margine dell’incontro, poi, padre Antonio Spadaro ha annunciato in anteprima un restyling della rivista La Civiltà Cattolica. A partire dal 6 aprile il quindicinale dei gesuiti avrà un numero di pagine più elevato e si presenterà con una veste grafica completamente rinnovata, “riprendendo lo stemma che era stato utilizzato sino a quarant’anni fa”.