Il viaggio in Medio Oriente del presidente Americano Barack Obama la scorsa settimana ha ricordato quali sono i problemi più spinosi nel mondo: il conflitto palestinese, quello iraniano e il caso della Corea del Nord. Questi Stati sono geograficamente distanti ma rappresentano minacce storiche per gli Usa. Ma ora che anche i meteoriti che piovono dal cielo, il mondo intero si sente subito al centro del bersaglio. A sottolinearlo sul Boston Globe è stata Juliette Kayyem, senior fellow alla Kennedy SoG e consulente del Congresso sulla National Security.
Il Worldwide Threat Assessment
Nel Worldwide Threat Assessment (rapporto sulle minacce globali), emanato la scorsa settimana, è stato sottolineato un nuovo rischio, segnando un cambiamento nel modo di concepire i nostri nemici: il tempo, o più nello specifico il climate change. “E il fatto che l’intero apparato della sicurezza nazionale degli Stati Uniti lo considera come una minaccia, è, tutto sommato, una buona notizia per la comunità locale”, sottolinea Kayyem.
I rischi per una popolazione mondiale in aumento
Gli Usa ammettono che la sicurezza degli Stati “è influenzata da eventi atmosferici straordinari, tra cui sempre più le inondazioni, le alluvioni, gli incendi, i tornado e le ondate di calore”. Questi fenomeni hanno avuto un impatto sulle scorte di cibo e sull’andamento demografico. Si stima che la popolazione globale arriverà a quota 8,3 miliardi nel 2030. Circa il 60% delle persone (in aumento dall’attuale 50) vivrà nelle città, esercitando una pressione sempre più forte su agricoltura, trasporti e rifornimenti d’acqua.
I timori mondiali sul tema
“Ma non siamo soli in queste valutazioni. The American Security Project, un think tank bipartisan, ha analizzato il giudizio militare sul tema in tutto il mondo. Dalla Cina al Ruanda, dalla Bielorussia al Brasile, oltre il 70% degli Stati vede nel climate change una delle minacce più forte alla sicurezza nazionale”, spiega l’esperta.
L’importanza dello sviluppo delle infrastrutture
Proteggersi da questo problema non significa solo preservare le risorse naturali: si tratta di adattare le attività quotidiane a questo tipo di minaccia. “E, in questo senso, siamo in competizione con gli altri Stati. Gli investimenti globali sono legati alla creazione di città che possano reggere al maltempo, ad aeroporti che inducano al commercio, a porti che riescano comunque a distribuire merci. Quando le tempeste sono così forti da causare black out, l’abilità statale di proteggere I’energia è limitata dall’assenza di corrente”, osserva.
La reazione a livello locale
A differenza delle risposte a molte altre minacce alla sicurezza nazionale, quelle contro il cambiamento climatico sono locali. “Dovremo inevitabilmente abbandonare le aree già spacciate, come i quartieri lungo la costa Est che non riescono a contrastare l’aumento del livello del mare. Stiamo cominciando a riconfigurare le nostre case e uffici, con piani urbanistici che proibiscono di abitare al primo piano in alcune zone”, scrive Kayyem.
Le conseguenze della crisi economica
Stiamo diventando una società sempre più forte, le cui città non possono essere distrutte da minacce assolutamente prevedibili. Lo sforzo di costruire una società tenendo bene a mente i problemi del climate change non è nuovo, “ma arriva in un momento in cui i limiti delle infrastrutture americane sono chiari e visibili, ne risentiamo quando andiamo a lavoro, a scuola, o quando ci sposiamo in metro”.
Gli impedimenti burocratici
Le amministrazioni locali, lo sappiano o no, hanno già investito per assicurare una maggiore sicurezza nazionale. Questi sforzi spaziano dal desidero di sistemare le buche per strada nelle strade residenziali alla promessa di modernizzare il trasporto pubblico. Ma il problema, più che di una mancanza di risorse, in realtà è quello della governance che spesso diventa un impedimento per la preparazione seria per le tempeste in arrivo, (New York controlla i codice delle costruzioni, mentre a Boston si è spesso in balia delle approvazioni).
Il giudizio sulle infrastrutture Usa
Allo stesso tempo, “mentre le agenzie d’intelligence ci ricordano che il clima rappresenta una minaccia come l’Iran o la Corea del Nord, la società Usa degli ingegneri civili la scorsa settimana ha assegnato una patetica ‘D+’ come rating delle infrastrutture statunitensi. Investimenti di manutenzione sempre rimandati e il non finanziamento di progetti di modernizzazioni minano il progresso economico, la competitività mondiale e la sicurezza di vivere in una società ben funzionante”.
Una minaccia grave ma affrontabile
“Gli investimenti in infrastrutture, derivino da tasse, prestiti, o project bond, sfruttano l’attivismo locale per ridurre le nostre vulnerabilità. Il declino delle infrastrutture americane è un problema di sicurezza nazionale rimediabile, molto di più di quello che deriva dalle divisioni religiose, politiche ed etniche che oppongono il mondo. Purtroppo, questa è la buona notizia”, conclude l’esperta.