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Sarà il Portogallo il nuovo incubo dell’eurozona?

Quando sembrava (apparentemente) che la tempesta di Cipro fosse scampata per l’Unione europea, si accende un nuovo incendio: il Portogallo. Dopo la decisione del governo di attivare nuovi tagli alla spesa pubblica – in mancanza di 1,3 miliardi che doveva procurare la soppressione di stipendi, pensioni e riduzione delle indennità fermate dalla Corte Costituzionale – l’emergenza del Paese iberico è ancora una volta allarmante.

L’Unione europea è fiduciosa nelle soluzioni del governo. Ma ha avvertito dei rischi che comporterebbe sviare i termini del riscatto internazionale. La Commissione economica ha diffuso un comunicato nel quale determina che per potere godere di futuri aiuti è imperativo rispettare il programma di tagli concordato.

Il debito infinito

Come ricorda il giornale portoghese A Bola, il Paese ha chiuso il 2012 con un deficit pubblico del 6,4 %, molto lontano dal 5% che aveva previsto inizialmente. Per quest’anno è prevista con molto ottimismo una caduta del deficit fino al 5,5% in uno scenario che, secondo il governo, rallenterà la crescita del 2,3%. “Bisogna immaginare un piano B per potere compiere un piano A che ugualmente non poteva compiersi, anche se il mercato voleva farci credere che lo faceva. In fondo, il problema del Portogallo è lo stesso di molti Paesi: un debito che non si riuscirà a pagare mai”, ha scritto il giornale. Quindi, quanti Paesi si guardano nello specchio di Cipro e oggi del Portogallo?

Allarma sociale

I portoghesi hanno uno stipendio minimo di 485 euro al mese. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistiche, l’inflazione in Portogallo è salita alle stelle a causa dell’aumento dell’Iva sul gas e l’elettricità dal 6 al 23%. La pressione fiscale è aumentata del 40% e i consumi si sono ridotti al minimo. Sanità e istruzione non hanno più fondi. La disoccupazione è del 17,50%, con un tasso del 41% tra i giovani.

La penisola della crisi

“Come il presidente spagnolo Mariano Rajoy, il conservatore portoghese Pedro Passos Coelho si è inginocchiato davanti a Angela Merkel, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca centrale europea. La politica dell’assurdo applicata in Spagna è la stessa che si applica, con più durezza, in Portogallo”, ha scritto la rivista spagnola San Borodon.

Ora il Portogallo si somma alla lista di Paesi governati dalla Troika (Ue, Fmi e Bce), mentre Bruxelles continua (inutilmente) a ripetere che nel 2014, o al massimo nel 2015, scomparirà la recessione.



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