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Fronte digitale di Corea

Le tensioni nella penisola coreana si fanno sentire anche a colpi di mouse e tastiera. Appena mercoledì il governo sudcoreano puntava nuovamente il dito contro Pyongyang per gli attacchi che lo scorso 20 marzo misero fuori uso i sistemi di tre emittenti televisive e di altrettante banche.

Bersagli furono le televisioni Kbs, Mbc e Ytn e gli istituti Nonghyup, Shinhan e Jeju. Proprio nel giorno in cui Seul tracciava le analogie tra gli attacchi del mese scorso e altri riconducibili in passato al regime nordcoreano, la Ytn e la Nonghyup segnalavano nuovamente problemi. Sebbene gli hacker di Pyongyang furono i primi indiziati, il governo del Sud si era mostrato inizialmente cauto.

Secondo i risultati delle indagini, da giugno dello scorso anno ci sono state almeno 1.500 intrusioni partite da sei computer del Nord, a indicare, scrive North Korea Tech, che gli attacchi sarebbero stato pianificati da tempo.

Dei 76 pezzi di codice usati negli attacchi 18 sono parte di altre azioni fatte in passato dai nordcoreani. Altre fonti riferiscono di 30.

Nell’ultima settimana il sito Nk News, forse scambiato per un portale di propaganda, finiva più volte offline a causa di un sovraccarico degli accessi che per tre gironi consecutivi facevano crollare il sistema. Agli hacker nordcoreani si è contrapposta l’offensiva di Anonymous contro i siti vicini al regime.

A farne le spese in particolare Uriminzokkiri, portale di propaganda basato in Cina, da cui sono stati rubati i dati di migliaia di utenti, poi diffusi in rete e sui cui canali Twitter e Flickr è comparsa l’immagine di un ballerino di tango (riferimento alla frase Tango down per segnalare un attacco andato a buon fine) con la maschera di Guy Fawkes, simbolo mutuato dal fumetto V for Vendetta di Alan Moore.

Un’intrusione spiacevole quella degli intrusi anonimi, ha scritto Ian Bremmer dell’Eurasia Group. Secondo l’analista la risposta nordcoreana alle intrusioni di Anonymous è tutta da valutare, in particolare se il giovane leader Kim Jong-un si dovesse sentire messo all’angolo.

Il tema che torna è quello delle incomprensioni e degli errori che nel clima di tensione può far degenerare la situazione e fomentare i timori, magari facendo ritenere al governo di Pyongyang che dietro la maschera di Fawkes si nascondano Stati Uniti o Corea del Sud.

Al momento i primi i primi a rischiare di pagarne le conseguenze sono tuttavia quei sudcoreani i cui dati sono tra gli account diffusi da Anonymous e che rischiano di andare incontro a problemi giudiziari per aver violato la legge sulla sicurezza nazionale che punisce chi entra in contatto con la propaganda del Nord.


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