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Perché i ricchi vogliono l’austerità? Lo spiega Krugman

Il grande dibattito economico degli ultimi anni tra keynesiani, che sostengono la necessità che il governo aumenti la spesa pubblica in una fase di recessione, e i sostenitori dell’austerità, che chiedono un immediato taglio della spesa pubblica, è vicino alla fine, almeno nel mondo delle idee.

Ne è convinto il premio Nobel all’Economia Paul Krugman, secondo cui, a questo punto, la teoria dell’austerità è implosa. “Non solo sono fallite le previsioni sull’economia reale, ma addirittura la ricerca accademica che ne è alla base si è rivelata piena di errori, omissioni e statistiche dubbie”, spiega l’americano nel suo editoriale sul New York Times.

Le teorie sull’austerity

“I due studi che fungono da pilastro alla teoria del rigore, quello di Alberto Alesina e Silvia Ardagna sull’austerità ‘dell’espansione’ e quello di Reinhart e Rogoff sui rischi derivanti da un debito superiore alla soglia del 90% del Pil, hanno dato vita a critiche feroci. Ma l’austerità ha mantenuto, o anzi, ha rafforzato, la sua presa sull’élite. Perché?”, si domanda l’economista e premio Nobel.

La redenzione del peccato attraverso la sofferenza

“Parte della risposta sicuramente dipende dalla diffuso desiderio di vedere l’economia come uno spettacolo morale, di farne una storia sull’eccesso e sulle sue conseguenze. Abbiamo vissuto oltre le nostre possibilità, e adesso ne stiamo pagando il prezzo. Gli economisti possono spiegare fino alla nausea che questo è sbagliato, che la ragione della disoccupazione di massa non è la vecchia troppa spesa ma il fatto che stiamo spendendo troppo poco ora, e che questo problema può e deve essere risolto. Poche storie, molte persone hanno un senso viscerale del peccato e della redenzione attraverso la sofferenza”, sottolinea Krugman.

L’1% della popolazione

“Ma non si tratta solo di una guerra tra emozioni e logica. Non si può capire l’influenza della dottrina dell’austerità senza parlare di classi e ineguaglianza. L’agenda del rigore non è solo l’espressione delle preferenze della classe sociale più ricca. Ciò che l’1% della popolazione vuole diventa quello che secondo la teoria economica dobbiamo fare”, osserva.

Niente crisi per i ricchi

“Una depressione economica continua serve per gli interessi dei ricchi? C’è qualche dubbio, dato che il boom economico è generalmente positivo per tutti. Quello che è vero, però, è che gli ultimi anni, da quando siamo passati all’austerità, sono stati drammatici per i lavoratori, ma non per i ricchi che hanno approfittato di guadagni crescenti. Quell’1% in realtà non vuole un’economia debole, ma i loro pregiudizi sono duri a morire”, conclude Krugman nel suo editoriale.


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