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Lo sapete che l’Italia non conta nel Fondo europeo Salva Stati?

Klaus Regling è un uomo che in Italia pochissimi conoscono, e che ancor meno persone saprebbero dire che lavoro fa. Eppure nelle mani di questa persona vi è l’intero funzionamento dell’euro. Come sempre accade, meno se ne parla, più è importante. Perché questo signore è così importante? Perché è il Presidente dell’Esm Management Board, ossia del consiglio di gestione del cosiddetto Meccanismo Europeo di Stabilità (European Stability Mechanism, ESM).

La costituzione dell’Esm è stata ratificata l’11 luglio 2011 dal Consiglio Europeo, riunito a Bruxelles, e il 9 dicembre successivo (visto l’incalzare degli eventi economici negativi e l’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani), lo stesso Consiglio Europeo ne ha deciso l’anticipazione dell’entrata in vigore (inizialmente prevista per la metà del 2013), a partire da luglio 2012.

All’Esm, che ha sostituito i fondi European Financial Stability Facility (Efsf) e European Financial
Stabilisation Mechanism (Efsm) nati per il salvataggio di Portogallo e Irlanda, è stata attribuita una dote finanziaria di 700 miliardi di euro, con una capacità massima di prestito pari a 500 miliardi di euro. Inoltre, l’Esm potrà emettere titoli ed acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato primario e secondario. Aspetto importante, in caso di insolvenza di uno stato finanziato dallo Esm, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati.

Il Management Board dell’Esm (da non confondere con l’organismo politico facente riferimento ai Governi, quale il Consiglio dei Governatori, formato dai Ministri finanziari dell’Euro, e dal Commissario Ue agli Affari economico-monetari e dal Presidente della Bce nel ruolo di osservatori) ha ricevuto uno status grazie al quale molti l’hanno addirittura definito “uno stato a sé, totalitario, autonomo e sovranazionale, che può esigere dai suoi debitori qualsiasi sacrificio”.

Mantendoci imparziali ed oggettivi nel giudizio, da un’attenta analisi dell’Esm si intravedono alcuni aspetti sui quali soffermare l’attenzione:

1. l’Esm nasce con i fondi dei Paesi aderenti, i quali versando una quota stabilita dalla Bce, acquistano lo status di soci finanziatori e, allo stesso tempo, la possibilità di attingere prestiti. Qualsiasi stato membro dell’Euro che risulti bisognoso di assistenza finanziaria può rivolgersi all’ESM, ma ad alcune, fondamentali, condizioni: (1) l’ESM deve trarne un profitto; (2) la sospensione del diritto di voto in caso di insolvenza del Paese debitore e l’imposizione di condizionalità nella sua politica economica (fino al mantenimento dell’inadempienza);

2. l’operato dell’ESM ed i suoi beni, ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono di immunità da ogni forma di procedimento giudiziario. Tutti i membri del personale sono immuni da procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nella loro veste ufficiale e godono dell’inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali.

Alla luce di quanto detto, l’Esm eserciterà una potenza finanziaria nell’economia mondiale senza precedenti per un’istituzione intergovernativa europea. Diventa, pertanto, importante considerare la composizione del suo Consiglio di Amministrazione (Esm Management Board), nell’ambito del quale i “poteri” sono stati divisi tra gli stakeholder più rilevanti e l’Italia, tra questi, non c’è.

Nel CdA dell’Esm, infatti, sono presenti due garanti di Berlino, il già citato Direttore Generale, Klaus Regling, e Rolf Strauch. Regling ha esperienze nel Fmi, presso il Ministero delle Finanze di Berlino (allorquando ha “preparato” il progetto di Unione Monetaria Europea), presso la Commissione Europea (come Direttore Generale per gli Affari Economici e Finanziari), la German Bankers’ Association e presso il Moore Capital Strategy Group.

Fino al 28 marzo scorso, ha gestito, contestualmente alla Presidenza dell’ESM, anche una propria società di consulenza, la KR Economics, con sede a Bruxelles, pensando bene, da buon tedesco, di porla in liquidazione così da evitare accuse di conflitto di interesse e seguire le indicazioni del buon Wolfgang Schauble, esperto nel produrre “soluzioni dei problemi alla radice”, e sempre così pronto a dispensare alti moniti e suggerimenti di comportamento, il più possibile virili, per tutti. Strauch è stato, nell’Efsf, responsabile delle relazioni con le agenzie di rating ed oggi, nel Management Board di Esm, è responsabile per Economics and Policy Strategy.

Gli altri membri sono il General Counsel, Ralf Jansen (garante del mondo anglo-sassone nell’Esm Management Board, con esperienze in Hsbc ed in una società di asset management partecipata dalla Bank of New York Mellon Corporation), il Secretary General, Kalin Anev (verosimile garante del mondo olandese, già Secretary General anche dell’Efsf, con esperienze in European Investment Bank, McKinsey, JPMorgan ed Honeywell Spain), il Deputy Managing Director for Banking, David Vegara1 (garante spagnolo, con esperienze presso il FMI, il Ministero dell’Economia spagnolo, la Commissione europea e la società di brokerage spagnola InterMoney), ed il Deputy Managing Director e CFO, Christophe Frankel (referente di Parigi, con esperienze in Crédit Foncier de France, CFO di CADES, organismo deputato al debito assistenziale e previdenziale di Parigi, ed Head of Capital Markets and Funding per il CEPME, Crédit d’Équipement des Petites et Moyennes Entreprises).

La rappresentanza in capo a questi quattro Paesi è cosa giustissima poiché Germania, Francia, Spagna, e Paesi Bassi sono anche quattro tra i primi cinque Paesi che contribuiscono a più del 65% del capitale dell’ESM. Il quinto Paese non considerato nel Management Board dell’ESM è ovviamente l’Italia, nonostante il suo pesante contributo nella graduatoria tra gli Stati membri dell’ESM (il terzo, dopo Germania e Francia, con il 17,9137%).

Cosa significa ciò? Significa che l’Italia, ancora una volta, nonostante sia tra i principali contributor al capitale dell’Esm, non ha alcun rappresentante nel Management Board. Ancora una volta, dunque, il nostro Paese paga la propria scarsa credibilità politica, ed è obbligato a partecipare finanziariamente senza essere rappresentato, delegando a presenze straniere non solo l’amministrazione concreta dei propri fondi, ma anche di eventuali prestiti dovesse richiedere e, soprattutto, del proprio futuro nell’Euro.

Non rilevano, in questa sede, eventuali appartenenze a circoli esclusivi internazionali (tipo Bilderberg o Trilateral Commission). Ciò che importa, invece, è porre la questione, fondamentale, del ripristino della presenza italiana nei Board operativi dell’Euro, una presenza che non può limitarsi all’ottimo Professor Draghi ma che deve ampliarsi in ogni meandro nascosto, ed essere incisiva e aggressiva, ma anche competente e cauta al fine di massimizzare il profitto anche dell’Italia del far parte dell’Euro.

Ad oggi, con il Management Board sopra delineato, infatti, ragionando in termini di Teoria dell’Agenzia (per una spiegazione della quale si rimanda al paper “Golden Share. Strategia industriale e ruolo dell’intelligence” ROI n.6, giugno 2012, ), nulla garantisce che quanto sarà deciso dai sei saggi europei sarà nel rispetto dell’interesse nazionale italiano.

Cunctator

Senior Analist dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolo’ Machiavelli”


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