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Chi sarà la nuova guida del Partito Democratico

“Il Pd farà sino in fondo la sua parte”. È il capogruppo alla Camera Roberto Speranza ad assicurare che sulla fiducia al governo Letta il Pd c’è. All’assemblea dei deputati del partito a Montecitorio l’ala del dissenso sembra rientrata e ci si prepara a votare compatti a favore del nuovo esecutivo.

Il malcontento rientra
L’unico dissidente rimasto a combattere resta Pippo Civati che ieri ha smentito di essere tra i firmatari del documento pro Letta presentato da altri suoi colleghi ex ribelli come Laura Puppato, Sandro Gozi e Sandra Zampa. “In questo momento drammatico per il nostro Paese e per la democrazia sentiamo l’obbligo di rappresentare, più di quanto non sia avvenuto nel recente passato, un popolo che soffre e che teme per il proprio futuro “, scrivono i parlamentari che promettono di non tradire Letta. Disco verde anche da Rosy Bindi, nonostante la bocciatura al nuovo esecutivo espressa nei giorni scorsi.

I malumori
I malumori restano. L’intesa con il Pdl e il nuovo corso a trazione centrista non vanno giù a molti nel partito e certo questo clima non giova alla necessità di rifondarlo da capo, dopo la debacle del Quirinale e le dimissioni in toto dei suoi vertici.  “Abbiamo superato lo scoglio più difficile, la formazione del governo, ora è arrivato il momento di ricostruire il Pd, partendo dal presupposto che squadra che perde, si cambia”, dicono in una dichiarazione congiunta i senatori renziani del Pd Andrea Marcucci, Rosa Maria Di Giorgi e Stefano Collina.

Il reggente
L’appuntamento tanto atteso, quello dell’assemblea nazionale che avrà il compito di eleggere il nuovo reggente, programmato inizialmente per sabato 4 maggio, sarà probabilmente posticipato all’11. E mentre si scatena il totonomi, la più gettonata sembra essere la governatrice umbra Catiuscia Marini, si pensa soprattutto a chi affidare la guida del Pd in vista del congresso per eleggere tramite primarie il nuovo segretario a settembre.

Segretario più candidato premier
Paolo Gentiloni oggi in un’intervista alla Stampa pone un interrogativo al suo partito: “Siamo sicuri che l’identificazione tra candidato premier e segretario ce la terremo? Con questo governo è venuta meno”. E in effetti, a giudicare dalle ultime mosse e dichiarazioni dei suoi protagonisti, la direzione sembra essere quella di una separazione dei ruoli.

I nomi
Matteo Renzi infatti mal sopporta gli apparati di partito, prova ne sono i suoi mai interrotti silenzi in direzione. Per questo più che alla poltrona di segretario, il sindaco punterebbe direttamente a quella di Palazzo Chigi. E nel frattempo, il suo nome è il più forte come successore di Graziano Delrio, ora ministro agli Affari regionali, alla guida dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani. Anche Fabrizio Barca, l’altro volto del Pd di domani, oggi sul Corriere della Sera spende belle parole per il rottamatore che “ha capacità di leadership e di catalizzare coalizioni molto forti” e si augura che i loro ruoli nel partito possano essere “complementari e non alternativi”.
Se così non fosse e si arrivasse a una sfida Renzi-Barca, Bindi ha fatto sapere che lavorerà a un terzo candidato. E poi resta in pole position Guglielmo Epifani. Il profilo dell’ex segretario generale della Cisl cresce tra i più duri e puri dell’ala a sinistra del partito. Del resto dicono, la deriva democristiana del Pd va fermata.

 



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