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Lo strategemma di Apple per sfuggire alle tasse Usa

Le tasse spingono le società ad assumere decisioni davvero strane. E, ad una prima svista, poche lo sono più di quella annunciata da Apple, con un aumento di capitale da 17 miliardi di dollari per finanziare, almeno in parte, un dividendo speciale da 60. Problemi di cash? Assolutamente no. La casa di Cupertino è tra quelle che dispongono di maggiore liquidità, con circa 145 miliardi di dollari nel cassetto. Una cifra con cui si potrebbe coprire ad occhi chiusi il payout proposto.

Meno tasse da pagare per Cook

Prendere in prestito miliardi di dollari però un senso ce l’ha. La decisione, sottolinea il Financial Times, permette infatti all’ad Tim Cook di evitare di far rimpatriare i capitali tenuti al caldo oltreoceano. La conseguenza? Niente mega-assegno per le casse statunitensi.

Il confronto tra le due opzioni

I buchi nelle maglie della legislazione fiscale introdotta negli anni Novanta permettono a multinazionali come Apple di accumulare grandi capitali all’estero, soggetti ad una bassa tassazione negli Usa. Almeno finché i gruppi non li rimpatriano. Nel caso del dividendo di Apple, l’aumento di capitale di 17 miliardi necessari per il dividendo costerebbe 300 milioni di euro all’anno, contando comunque su una detrazione fiscale di 100 milioni. Far rientrare i capitali oltreoceano? “Qualche” spicciolo in più: 9 miliardi di tasse. Inoltre, le basse imposizione sulle società all’estero, a confronto con gli alti livelli statunitensi, favoriscono ancora di più l’accumulazione di capitali oltreoceano.

Le conseguenze sul mercato Usa

Le regole così aggirate sono ingiuste ed inefficienti. In primo luogo, discriminano le Pmi, che non hanno le dimensioni per avvantaggiarsi di questi meccanismi tecnici. E, soprattutto, scoraggiano gli investimenti sul territorio. Le società trovano infatti più conveniente investire i loro capitali all’estero in asset poco rischiosi. Il risultato? I gruppi statunitensi, nel loro complesso, hanno investito almeno 1700 miliardi di dollari oltreoceano. Delle risorse che faciliterebbero gli sforzi del presidente Obama e del governatore della Fed, Ben Bernanke, per stimolare l’occupazione e la ripresa degli Usa.



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