Cosa sta succedendo in Medioriente? Quali i rischi e il ruolo di Stati Uniti ed Unione europea nella gestione della crisi siriana? L’Iran ha condannato oggi quella che definisce “l’aggressione contro la Siria” di Israele, riferendosi al raid condotto dai caccia israeliani per distruggere un carico di missili. “Il regime sionista ed i suoi alleati stanno cercando di creare una discordia etnica e religiosa tra i paesi musulmani”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast, esortando i Paesi della regione ad essere uniti contro Israele. Il portavoce iraniano ha definito gli attacchi israeliano come “calcolati” tentativi di creare insicurezza ed instabilità nella regione.
Lo schieramento delle batterie anti-aeree da parte di Israele
E, nel frattempo, secondo quanto riferito dai mezzi di comunicazione israeliani che collegano questo sviluppo al raid aereo avvenuto nella notte in Siria due batterie anti-aeree Iron Dome (Cupola di ferro) sono state dislocate nel nord di Israele, rispettivamente nella zona di Haifa e in quella di Safed. Lo riferiscono.
Israele e Usa secondo il direttore dell’Ispi Paolo Magri
“Ci sono due elementi che mi colpiscono”, ha spiegato il direttore dell’Ispi, Paolo Magri, in un’intervista a RaiNews24. “In primo luogo, salvo negli ultimi giorni, Israele non è mai stata desiderosa di provocare una caduta repentina e brusca del regime di Assad perché teme ciò che arriva dopo, che potrebbe essere molto peggio”. Il secondo elemento, secondo Magri, è che, “certo, un uso di armi chimiche potrebbe scatenare una reazione americana, ma non mi sembra che gli Usa siano così ansiosi” di avere questa reazione.
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La novità degli attacchi israeliani
“C’è però un elemento nuovo nel doppio attacco israeliano, ovvero il segnale forte che Israele lancia alla Siria”. Il messaggio? In sostanza, è questo: ‘Non tollereremo una crescita della conflittualità sul nostro territorio via Hezbollah’. “Non dimentichiamo – ha sottolineato Magri – che la settimana scorsa Hezbollah per la prima volta ha detto che sarebbe intervenuto in aiuto di Assad, lanciando un appello: ‘Gli amici di Assad devono aiutarlo in questo attacco’, e pochi giorni dopo Israele arriva con questi due colpi molto forti. E’ come se ci fosse un cambio di rotta. Non si riesce a colpire Assad per le atrocità commesse sul suo popolo, perché sarebbe un’ingerenza, e si percorre una nuova strada, quella di un attacco di altri Paesi, Israele in questo caso, che difende la sua integrità territoriale”. Si tratta di una “scelta pericolosa”. Non è un caso, secondo Magri, che “l’Iran abbia già urlato che bisogna reagire a questo intervento di Israele e all’interno della Siria”. D’altra parte, ha osservato Magri, “un attacco di Israele può riavvicinare la popolazione al leader Assad”.
Il ruolo dell’Unione europea
Ma qual è il ruolo dell’Unione europea nella crisi? “L’elemento nuovo è che negli ultimi giorni Francia e Gran Bretagna hanno accelerato il pressing sulle istituzioni comunitarie perché l’Europa arrivi a una posizione formale ed esplicita per armare i ribelli”. Questo è l’elemento di novità della strategia europea. “Che Bruxelles in politica estera e su queste crisi non abbia una posizione forte e chiara, questo non mi sembra un elemento particolarmente nuovo”, ha concluso Magri.