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Tutti i nodi sul tavolo di Enrico Letta

Che il suo governo non potesse fare miracoli l’aveva già messo in chiaro nei giorni scorsi.

Ma chissà se Enrico Letta immaginava che, a una settimana esatta dal giuramento (con sparatoria) del suo esecutivo, i nodi sul suo tavolo potessero essere così tanti e difficili da sciogliere.

Passiamo in rassegna tutti “i dolori del giovane Enrico”.

Imu

Il problema più grande si può sintetizzare in tre lettere: Imu. Silvio Berlusconi ieri al Tg4 ha detto che sull’abolizione della tassa sulla prima casa agli italiani dipenderà la fiducia del Pdl al governo. Così anche se il premier ha già promesso che nei prossimi giorni un decreto sospenderà la rata di giugno, per i berluscones non basta.

Letta ieri sera nel suo esordio tv da presidente del Consiglio a Che tempo che fa ha fatto notare che “l’Imu non è mica una cosa di Berlusconi, il suo superamento faceva parte anche del programma del mio partito e di Scelta Civica”. Ma sul come trovare i fondi per farlo, 4 miliardi di euro, resta un’enigma difficile da risolvere. E resta da comprendere se si tratterà di una mera sospensione della rata di giugno, come ha detto oggi il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, oppure di una vera e propria abolizione, come sollecitato e atteso dal Pdl.

Berlusconi

Connesso al problema Imu, ce n’è uno con nome e cognome specifico: Silvio Berlusconi. Il Cavaliere non molla la presa e si è messo in testa di fare “il padre costituente”, auto-proponendosi come presidente della Convezione delle riforme. Una prospettiva che non va giù a tanti nel Partito Democratico, da Matteo Renzi a Stefano Fassina, che hanno posto un veto sul suo nome. Su come sarà composta e da chi sarà presieduta la Convenzione restano molti punti interrogativi che allontano Pd e Pdl, anche se la necessità di riforme istituzionali è condivisa da tutti.

Partito Democratico

Lo hanno ammesso ieri anche il segretario uscente Pier Luigi Bersani, in un’intervista all’Unità, e il suo vice, Letta da Fabio Fazio: “Il Pd non ce l’ha fatta”. Una consapevolezza dolorosa ma che deve indurre a reagire. Perché il premier sa che senza un partito alle spalle forte e unito, la sopravvivenza dell’esecutivo si fa ancora più fragile. Per questo, diventano fondamentali i prossimi appuntamenti che riguardano il Pd, a partire dall’assemblea direttiva di sabato 11 maggio dove sarà nominato un reggente. E a seguire il congresso in autunno, dove sarà eletto il nuovo segretario. E qui per il Pd vale il detto. “O la va, o la spacca”. Dopo le prove disastrose con le elezioni e la partita del Quirinale, le tante anime del partito dovranno trovare una sintesi. Pena l’estinzione stessa del partito, come ha avvertito Pippo Civati.

Ius soli

Sul tema della cittadinanza agli immigrati, Letta ha chiarito ieri di avere a cuore il tema, “altrimenti non avrei scelto di nominare Cècile Kyenge a ministro dell’integrazione”. Ma ha anche dovuto confessare che esso è al di fuori del discorso della fiducia e quindi si dovranno trovare altre strade, parlamentari, per definirlo. Le parole del ministro ieri a In mezz’ora, un ddl sullo ius soli sarà pronto nelle prossime settimane, rischiano di rimanere solo sulla carta, vista la contrarietà di Pdl e Lega.

Biancofiore

A creare imbarazzi in questi giorni al neo premier c’è stato anche il caso Michaela Biancofiore. Letta aveva chiesto sobrietà alla nuova squadra di sottosegretari e viceministri. Per esaudire questo suggerimento, l’amazzone berlusconiana fraesca di nomina alle Pari Opportunità, ha pensato bene di rilasciare dichiarazioni giudicate omofobe a Repubblica. Ne è scaturito un polverone che ha portato allo spostamento della sottosegretaria alla Pubblica amministrazione. E alla rabbia del sempre quieto Enrico Letta.


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