Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi del gruppo Class Editori.
In pochi mesi lo scenario politico italiano è stato stravolto. Pierluigi Bersani e il Pd hanno perso delle elezioni imperdibili e sono andati in frantumi. Silvio Berlusconi ha ottenuto la Grosse Koalition e una compagine ministeriale senza ex Msi o ex An. Enrico Letta e Angelino Alfano presidiano un governo sbilanciato al centro impensabile solo qualche mese fa. Il M5S è diventato il partito più votato alla Camera dei deputati.
In questo quadro Roma Capitale, in base al nuovo ordinamento, sta per andare al voto per scegliere il suo nuovo sindaco. I principali candidati sono figli di una fase politica già rottamata. Gianni Alemanno, il sindaco uscente, è un ex missino atipicamente a destra rispetto alla fase nuova voluta e portata avanti con ogni energia dal Cavaliere. È l’ultimo pezzo di potere post finiano nel Pdl del quale Berlusconi, anche se non lo dice in pubblico, farebbe volentieri a meno. Ignazio Marino, lo sfidante della sinistra, scelto soprattutto in un’ottica antigrillina, per contenere il dissanguamento di voti subito dal Pd verso il M5S alle politiche, è probabilmente troppo a sinistra per accontentare tutto l’elettorato pieddino. Non è neppure un romano né di nascita né di frequentazione abituale. Rischia, così, di essere la prima vittima elettorale dell’implosione del Pd con un meccanismo di elettori franchi tiratori molto simile a quello che ha fatto naufragare la prospettiva del Quirinale per Romano Prodi.
Il voto rischia di essere molto più fluido di quanto non appaia dai sondaggi. Gli elettori romani faranno da cavia a tre test contestuali: 1) se il governo delle larghe intese incontra o meno il gradimento popolare; 2) se una prospettiva politica neocentrista post bipolare piace davvero ai più; 3) se la crisi faccia ancora paura visto che con i suoi 12 miliardi di debito il comune di Roma è l’ente locale più vicino alle paure da spread innescate dal debito nazionale al 132% del pil. Difficile prevederne l’esito, anche perché le liste in pista sono decine con in più la novità rappresentata dalla lista dell’imprenditore Alfio Marchini, uno formatosi con il patrimonio a sinistra che però piace anche al Cavaliere e dato dagli ultimi sondaggi tra l’11 e il 12%. La variabile Marchini aggiunge ulteriore volatilità alla complessa trilogia politica Pd-Pdl-M5S prodotta dalle recenti elezioni politiche.
Roma è un’elezione laboratorio, un intervento chirurgico al cuore aperto della politica italiana dagli esiti davvero incerti. La campagna elettorale nei fatti sta iniziando ora e, se avesse esiti troppo inattesi, potrebbe perfino destabilizzare i fragili equilibri del governo Letta.