È stata una difficile domenica per David Cameron. Dopo la vittoria di Nigel Farage alle elezioni municipali con il partito Ukip, e i dibattiti sulla convenienza o no di restare nell’Unione europea, il premier britannico ha dovuto fare i conti con un’altra prova dell’aumento dell’antieuropeismo in Gran Bretagna. Ma questa volta dentro casa. A dire no all’Ue sono stati due ministri del Partito conservatore: il ministro dell’Istruzione Michael Gove e il ministro della Difesa Philip Hammond.
A favore del referendum
I due fedelissimi di David Cameron hanno dichiarato ieri nel giro di poche ore (uno la mattina, l’altro nel pomeriggio) che se il referendum dovesse tenersi oggi, voterebbero a favore del ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea. Queste dichiarazioni si sommano alle affermazioni fatte settimana scorsa da Nigel Lawson e Michael Portillo (ministri di Margaret Thatcher). Ma hanno un peso politico maggiore visto che si tratta di due ministri al governo.
La reazione di Cameron
Secondo la Bbc, Cameron ha reagito energicamente alle dichiarazioni dei suoi ministri. “Sono commenti molto, molto strani”, ha detto Cameron. Il primo ministro britannico aveva accusato i due ex ministri Lawson e Portillo di giocare contro le negoziazioni: “Hanno gettato la spugna prima ancora che le discussioni per migliorare le condizioni della Gran Bretagna siano cominciate”, ha detto Cameron.
Ma Gove e Hammond, invece, sono stati determinati nella loro posizione: bisogna uscire dall’Unione europea. Come scrive il Sole 24 ore, i due ministri hanno detto che credono necessario lasciare prima “la possibilità a David Cameron di negoziare ancora con Bruxelles per ottenere condizioni migliori per la Gran Bretagna”.
La prosperità britannica solo al di fuori dall’Ue?
Nonostante l’approvazione entusiasta di Cameron dell’accordo commerciale tra gli Stati Uniti e l’Ue, il ministro Gove ha detto che in questo momento di crisi mondiale la Gran Bretagna potrebbe prosperare economicamente solo se restasse fuori dall’Unione.
Le sue dichiarazioni sembrano isolate e sono state definite come “inutili” da parte di alcuni funzionari del partito conservatore britannico, fino a quando nel pomeriggio si sono aggiunti i commenti di Hammond. Secondo il ministro della Difesa è necessario ottenere condizioni migliori per la Gran Bretagna o in caso contrario è meglio ritirarsi.
La posizione di Johnson
Il sindaco di Londra e candidato alla successione di Cameron nel partito, Boris Johnson, si è pronunciato sulla vicenda del referendum e, a differenza delle sue provocatorie posizioni, questa volta ha stupito con un ragionamento lontano dalle polemiche: la questione di rimanere o meno dentro l’Unione europea non è prioritaria. “Se Londra lasciasse Bruxelles saremmo costretti a renderci conto che la maggior parte dei nostri problemi non è causata dalla Ue”, ha detto Johnson. Secondo il Sole 24 ore, il sindaco ha aggiunto che è ora di concentrarsi sull’inefficienza del sistema economico e sulla scarsa produttività.
Il futuro britannico
David Cameron affronta la “ribellione” di una cinquantina di deputati che hanno presentato una riforma al programma legislativo annuale ed esigono dal governo che approvi una legge per potere realizzare il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.
La promessa di Cameron è realizzare un referendum chiaro “in or out” l’Ue entro il 2017 nel caso in cui i conservatori vincano la maggioranza nelle elezioni del 2015. Il germogliare dell’antieuropeismo in Gran Bretagna sembrava impensabile ma è un sentimento in continuo aumento.