Chi credeva che la rabbia anti-europea e anti-sistema del Movimento 5 Stelle avesse trovato repliche in altri paesi europei forse si sbaglia. Nelle ultime elezioni municipali il partito Ukip di Nigel Farage ha sorpreso tutti prendendo un quarto dei voti ma il paragone con il Movimento 5 Stelle può essere soltanto superficiale ma mai strutturale. A spiegare i punti in comune e le differenze sostanziali tra il leader inglese e il comico italiano a 5 stelle è William Ward, collaboratore da Londra di Panorama e Il Foglio, in un’intervista con Formiche.net.
Secondo Ward l’Ukip, a differenza del Movimento 5 Stelle, non vuole distruggere lo Stato per rifondarlo dalle fondamenta. Si accontenta soltanto di riformarlo davvero. Ma la crisi di fiducia dell’Unione europea, uno degli aspetti che accomuna i due partiti, è reale e molto pericolosa. L’Ukip è per il ritiro immediato del Regno Unito dall’Ue e il ritorno agli ideali sociali del passato. È l’unico partito contro l’immigrazione e i matrimonio gay.
Alcuni sostengono che Nigel Farage, il leader del partito Ukip è una specie di Beppe Grillo britannico, mentre altri spiegano che a differenza del leader del Movimento 5 Stelle, Farage ha proposte strutturate. Quanto c’è di Grillo in Farage?
Il paragone tra i due non calza. È vero che si fa perché Grillo oggi è un fenomeno recente sulla bocca di tutti ma penso che Farage ha molto di più della prima versione di Forza Italia con una posizione conservatrice e populista. Mentre la posizione di Grillo è quella di volere distruggere completamente lo Stato e cominciare da capo, Farage e il suo partito non la pensano così.
Ma condividono un profondo sentimento anti-europeista. Ci sono altre somiglianze?
Senza dubbio ci sono somiglianze. C’è l’anti-europeismo, ma nel caso italiano e grillino è opportunista. Non è strutturale. Spara a 360° su tutti, critica tutto. Ha una natura paranoica. Ma si tratta di un atteggiamento – quasi tradizionale – che trova spazio nel tipico populismo italiano. La posizione di Farage non è così trasgressiva e sfrutta una tendenza all’isolamento già esistente. Io andrei cauto con i paragoni. I due fenomeni si confrontano solo perché Grillo è recente e di moda.
Come affrontano gli altri politici britannici il fenomeno di Farage?
La crescita del partito Ukip nelle ultime elezioni municipali ha messo in crisi la leadership britannica. Il problema maggiore è per il Partito conservatore. L’Ukip “pesca” nel serbatoio del centro-destra. Ma per quanto rappresenta posizioni reazionarie di nazionalismo e isolamento, sta anche conquistando elettori di sinistra, gli operai. Molti di loro si sentono rappresentati in Farage. I laburisti devono stare attenti a non fare l’errore di Cameron che aveva definito gli elettori dell’Ukip come “pazzoidi”. Il premier ha fatto un calcolo sbagliato e ha offeso molte persone. Non è una buona strategia insultare gli elettori.
Quali sono le probabilità che il Regno Unito esca dall’Unione europea?
Bisogna vedere come andranno le cose nei prossimi due-tre anni. L’Unione europea non è mai stata così impopolare come adesso. Se oggi ci fosse un referendum secco “in-out”, la risposta sarebbe sicuramente “out”. Il premier David Cameron sta cercando un’altra via attraverso le riforme consensuali con altri Paesi per non dovere arrivare a questa tragica soluzione. Ma penso che sarà difficile che l’Unione europea riconquisti adesso la fiducia dei cittadini se non ci saranno cambiamenti strutturali. Il referendum ci sarà sicuramente tra 4-5 anni. In quel momento il Partito conservatore non sarà al potere e sarà necessaria una scommessa politica. Il Partito laburista, che sarà con ogni possibilità alla guida del Paese, oggi sostiene che non vuole il referendum ma la gente vuole la consultazione e sarà difficile non farlo.
Quali sono i rischi di questo aumento dell’euroscetticismo nella regione?
Questo sentimento è un riflesso della diversità culturale dei paesi europei. La diffidenza dei britannici è sempre esistita, ma in Italia è del tutto nuovo. Ritengo che l’attuale insofferenza verso l’Unione europea come istituzione ha molto di opportunismo – soprattutto da parte di Grillo e il Movimento 5 Stelle -. Sarà una condizione transitoria. Quando i conti andranno bene, quando si abbasseranno i toni, gli elettori torneranno ai suoi partiti tradizionali.