E’ durata oltre nove ore l’assemblea degli azionisti di Rcs che, alla fine, nonostante il voto contrario di Diego Della Valle e gli interventi interminabili di alcuni piccoli soci che seguitavano a proporre le medesime obiezioni, ha dato l’ok all’aumento di capitale da 400 milioni, indispensabile per scongiurare il dissesto finanziario.
I numeri
Al momento del voto era presente l’86,7% del capitale, inclusi tutti i soci del patto di sindacato, che blinda il 58% della società che tra gli altri pubblica il Corriere della Sera. L’82% del capitale ha detto “sì” all’operazione, mentre il 10,25% l’ha bocciata e gli astenuti hanno pesato per il 7,83%.
Il sì di Rotelli
Ciò significa che anche Giuseppe Rotelli, primo azionista al 16,5% fuori dal patto, rappresentato in assemblea dalla commercialista Anna Strazzera, ha sciolto le riserve, esprimendosi a favore della ricapitalizzazione.
I grandi soci registi della operazione
A fare lo stesso – ma la cosa in questo caso era ampiamente scontata – sono stati i grandi soci del patto nonché grandi registi della ristrutturazione del gruppo editoriale: a cominciare da Mediobanca (13,7% del capitale) e Intesa Sanpaolo (4,93%), senza dimenticare Fiat (10,3%), che da oltre un anno ormai si muove in perfetta sintonia con Piazzetta Cuccia.
Benetton e Merloni astenuti
Hanno invece preferito astenersi sull’operazione sia la famiglia Benetton, cui fa capo una partecipazione del 5% fuori dal patto e che nei mesi scorsi aveva lasciato trapelare più di un dubbio sulla ricapitalizzazione, e la famiglia Merloni, che apporta il 2% nell’ambito dell’accordo tra i grandi azionisti del gruppo.
Senza aumento salterebbe l’accordo sul debito con le banche
Del resto, l’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, prima ancora che l’operazione fosse approvata, ha parlato chiaro: senza l’ok alla ricapitalizzazione da parte dei soci, “l’accordo sul debito con le banche non potrebbe essere finalizzato” e perciò “la società sarebbe nelle condizioni di non poter rimborsare il debito e di rivedere con immediatezza il piano”.
Le parole di Scott Jovane
Insomma, il gruppo “dovrebbe mettere a punto con rapidità un piano alternativo con un’ulteriore valorizzazione di asset da dismettere, anche core, e una rimodulazione delle scadenze del debito bancario. Seppure con un patrimonio netto positivo al 30 marzo – ha concluso Jovane – non vi è dubbio che Rcs necessiti di un aumento di capitale”. E’ per questo motivo che, nel caso in cui la ricapitalizzazione dovesse saltare, il consiglio di amministrazione sarebbe costretto a “valutare tempi e contenuti di una nuova proposta di aumento di capitale da proporre ai soci”.
Le ragioni del no di Della Valle
Nonostante le argomentazioni di Jovane, Della Valle, che ha in mano l’8,7% di Rcs fuori dal patto, ha votato contro l’aumento di capitale così come proposto. Tuttavia, mister Tod’s non ha presenziato all’assise ma ha affidato l’arringa contro l’operazione al suo legale, Sergio Erede (insieme con lui, a rappresentare l’imprenditore marchigiano in assise c’era anche Carlo Montagna, sempre dello studio Erede, al quale invece è toccato il compito di annunciare l’astensione di Della Valle sul voto sul bilancio del 2012).
L’intervento di Erede per conto di Mr. Tod’s
“Preannuncio voto negativo sulla proposta di aumento di capitale. Se venisse approvata – ha detto Erede all’inizio di un intervento “fiume” – auspico che il cda in tempo utile e prima della scadenza di sottoscrizione rivisiti profondamente il piano industriale sulla base di presupposti realistici e rinegozi con le banche un rifinanziamento del debito che riequilibri i sacrifici tra vecchi creditori e nuovi soci”. Secondo il rappresentate in assemblea dell’imprenditore marchigiano, poi, “l’intero onere di rifinanziamento del debito e di esecuzione del piano è posto a carico degli azionisti sottoscrittori. Dei 400 milioni di aumento, 150 vanno a rimborso delle banche e altri 250 milioni vengono assorbiti da oneri di ristrutturazione, tasse e perdita di periodo che sarà molto significativa». La posizione di Della Valle era certamente attesa, ma la lunga invettiva di Erede ha comunque richiesto una sospensione dei lavori assembleari, per oltre un’ora, per allestire una replica efficace da parte del management.
La replica di Jovane e il ramoscello di ulivo
“Respingiamo con fermezza l’addebito di aver compiuto irregolarità ingenti a favore delle banche creditrici e contro gli interesse sociali. Si tratta di accuse che non hanno alcun fondamento”, ha risposto piccato Jovane una volta ripresi i lavori assembleari. E, ancora, offrendo a Della Valle un piccolo ramoscello d’ulivo: “Il cda ribadisce l’auspicio che gli azionisti ritrovino una condivisione d’intenti e di visione che accompagni il rilancio e lo sviluppo della società”. Il presidente di Rcs, Angelo Provasoli, dopo essersi detto dispiaciuto per il “no” all’aumento di Della Valle, non ha escluso che l’imprenditore marchigiano possa alla fine sottoscrivere l’aumento.
La protesta dei lavoratori di Rcs Periodici
E mentre tra le mura della sala di via San Marco dedicata all’assemblea i soci discutevano, appena fuori, i giornalisti delle dieci testate di Rcs Periodici in odore di chiusura hanno dato sfogo alla protesta, tappezzando l’ingresso di locandine piccate indirizzate all’amministratore delegato Jovane e all’editore, senza tralasciare qualche velenoso riferimento alla controversa acquisizione della spagnola Recoletos. In assemblea, Jovane, interpellato sulle cessioni delle dieci testate, ha dichiarato: “Sono state attivate le procedure per la chiusura, fatta salva la possibilità di una cessione di singole testate e/o di un raggruppamento delle stesse, per cui sono in corso trattative”. Il riferimento era probabilmente a Daniela Santanché, che ultimamente sembra avere manifestato interesse per alcune delle testate in vendita. A riguardo, Jovane ha fatto sapere che la società Visibilia, la concessionaria pubblicitaria della “pasionaria” del Pdl, “ha manifestato interesse, ma non è stata ancora presa alcuna decisione”.