Non doveva essere uno dei tanti convegni “culturali” sulle riforme istituzionali nelle intenzioni del promotore, il costituzionalista Giovanni Guzzetta. E in effetti l’incontro che si è tenuto stamattina a Roma da parte del comitato Scegliamoci la Repubblica è stato in primo luogo il solenne kick-start della campagna di raccolta firme per introdurre la riforma presidenziale in Italia. E quota 50 mila è un obiettivo alla portata se si considera l’afflusso di firmatari ai tavoli allestiti dentro il Tempio di Adriano.
Ma non sono mancate le suggestioni culturali dei politologi. Per Sofia Ventura il cambiamento in senso presidenziale può essere una benefica forzatura, quell’elemento esterno capace di “mettere in sicurezza il bipolarismo” e fare entrare “aria nuova” nei partiti principali, oggi sfarinati e indeboliti. L’esempio è quello della sinistra e del centro francesi, che nei primi anni ’70 accettarono la svolta istituzionale gollista diventando “partiti presidenzializzati”, che devono gran parte del loro funzionamento alle ambizioni presidenziali dei grandi leader.
Per Angelo Panebianco l’assenza di riforme negli ultimi 30 anni è stata possibile solo grazie alla presenza di due forti paracaduti, gli Stati Uniti e l’Unione europea che ora si stanno però lacerando: l’uno a seguito di un lento declino, l’altra per la crisi di legittimità che, secondo il politologo bolognese, è molto più grave di quanto appaia.
Ventura e Panebianco evocano un mondo liberale-moderato cui per una certa fase ha fatto appello anche il progetto di Grande Riforma del Psi e del suo ultimo segretario, figura ricordata dalla figlia Stefania Craxi in un intervento più pessimisistico circa gli esiti della battaglia presidenzialista. Il raccordo politico di tutti questi spunti, che resterebbero confinati a quel mondo, è l’integrazione con i collegi uninominali a doppio turno. Secondo Guzzetta, è questa la prima volta infatti che il centrosinistra non vede la legge elettorale come alternativa, ma come complementare al sistema presidenziale.
Il messaggio di saluto di Walter Veltroni conteneva infatti proprio questa indicazione. Termometro ulteriore dello scongelamento ideologico del dibattito è stato l’intervento di Francesco Clementi, costituzionalista considerato vicino a Matteo Renzi (sostenitore del progetto semipresidenziale con lo slogan “Per il Sindaco d’Italia”), per il quale il semipresidenzialismo è la via alla normalità europea dell’Italia, ovvero al superamento di quell’eccezionalismo presente tanto nella democrazia consensuale “bloccata” dal proporzionale quanto nella pregiudiziale anti-plebiscitaria che per esempio bloccò ogni convergenza del Pci (ma anche degli Indipendenti di Sinistra) con Craxi.