Il delicato equilibrio del progresso economico, sociale e politico della Turchia di Erdogan è sempre appeso al filo del possibile incidente, che è esattamente ciò che è accaduto l’altro ieri a Piazza Taksim, dove dalla scintilla di una banale protesta contro la costruzione di un nuovo centro commerciale e di una moschea al posto di 600 alberi ne è scaturita una reazione eccessiva della polizia, che ha avuto come effetto immediato la trasformazione della protesta in una contestazione politica dell’operato di Erdogan.
L’opposizione kemalista, relegata da 10 anni alla marginalità dalla sua inadeguatezza, sta provando a cavalcare il momento, scatenando i propri sostenitori contro una serie di provvedimenti che negli ultimi mesi hanno preoccupato la componente laica dell’opinione pubblica: la mano dura con la stampa, il divieto di consumo notturno di alcool, di esibizione di parti nude del corpo femminile nelle pubblicità, di effusioni amorose in pubblico, sta in effetti spostando l’azione del governo dal perseguimento del benessere (ottenuto con importanti ed efficaci riforme economiche) all’intrusione nel dover essere.
Ho sempre sostenuto che Erdogan si giocherà il suo posto nella storia del Paese in questi ultimi 5 anni di quelli che saranno ricordati come i tre lustri della democrazia cristiana turco-islamica al potere. Se manterrà il giusto equilibrio tra innovazione, progresso economico e restaurazione del sentimento religioso, l’AKP consegnerà all’Unione Europea (2023?) un Paese moderno e dinamico, con una classe dirigente illuminata e pronta a immettere nuova linfa nella stanca Europa Occidentale.
Se invece non saprà frenare le frange estreme islamiche (solo il 4 per cento del suo elettorato) e quindi tenere sotto controllo lo scontro con gli ultra-kemalisti, allora si rischia un periodo di disordini pericolosi, destinati a durare almeno fino alle presidenziali del prossimo anno, quando un outsider potrebbe anche mettere anticipatamente e sorprendentemente fine al suo ultradecennale governo.
Giuseppe Scognamiglio
Presidente di Europeye
Executive Vice President e responsabile Public Affairs di Unicredit