Il settimo giorno la Turchia non si riposò. Continua la protesta iniziata per proteggere dalla demolizione un parco nella centrale piazza Taksim a Istanbul, che avrebbe dovuto fare spazio alla ricostruzione di un complesso di baracche militari ottomane e a un centro commerciale, tramutatasi in un confronto aperto contro il primo ministro Racep Tayyip Erdogan e le politiche considerate sempre più autoritarie del suo Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp).
Nella notte tra il 2 e il 3 giugno, la situazione era di calma nella piazza centro del malcontento turco e in cui venerdì la reazione della polizia, che non aveva esitato a lanciare gas lacrimogeno per disperdere la folla, aveva avuto l’effetto della scintilla per l’estendersi de movimento. Gli scontri si sono spostati in altre zone della città e nella capitale Ankara. In totale, secondo quanto detto dal ministero dell’Interno, citato dal quotidiano Hurryet, ci sono state oltre 200 manifestazioni in almeno 67 città in tutto il Paese.
Ieri la situazione era “contrastante”, dice a Formiche.net Marta Ottaviani, giornalista freelance, collaboratrice, tra gli altri, della Stampa e di Avvenire e autrice di Cose da Turchi. “In zone come Taksim, Bahcelievler, Sisli si è manifestato pacificamente dopo gli eccessi di violenza della polizia venerdì e sabato. La zona di Besiktas, dove si trova l’ufficio di Istanbul del premier Erdogan, rimane molto critica. La sera gruppi di manifestanti si accalcano verso la zona e la polizia li respinge con gas particolarmente urticanti. I metodi della polizia sono deplorevoli, ma bisognerebbe anche appurare se si tratti di frange particolarmente facinorose”.
E’ una protesta limitata alle zone urbane? O il malcontento è esteso anche alle roccheforti del Akp? Prendendo spunto da un commento su Today Zaman secondo cui “Erdogan si è sparato su un piede”, ritiene che l’Akp goda ancora del consenso dei turchi?
Erdogan secondo gli ultimi sondaggi che precedono questi giorni di protesta gode ancora del 51 per cento dei consensi. L’unico centro anatolico veramente importante dove è divampata la protesta fino a questo momento è Adana oltre alla capitale Ankara naturalmente. Credo che Erdogan goda ancora della maggioranza, ma che adesso di debba confrontare con una minoranza meno silente di prima.
La questione Gezi Park è stata il pretesto e la scintilla delle proteste. Ritiene che le manifestazioni sarebbero potute scoppiare comunque? Quali movimenti sociali sono coinvolti, se sono coinvolti, e con quali istanze?
Dal 2011, ossia da quando ha vinto le ultime elezioni politiche con consenso plebiscitario, il premier Erdogan si è fatto portavoce di politiche sempre più autoritarie. I segnali c’erano tutti e Taksim è un luogo altamente simbolico nella memoria cittadina. La cosa interessante è che la piazza raccoglie numerose istanze, gente di colore politico e formazione diversa. Tutti insoddisfatti per qualche motivo del governo Erdogan. Ci sono ultralaici, nazionalisti, curdi, socialisti, comunisti. Perfino ex elettori dell’Akp. Questa pluralità rende la protesta particolarmente interessante.
Molte delle ultime mosse del governo – la recente legge che limita il consumo e la pubblicità di alcolici ad esempio – possono essere interpretate come un modo per sviare l’attenzione dal capitolo Siria?
Si tratta di una lettura alternativa a quella “ufficiale” ma di sicuro interesse. La gestione scellerata della crisi siriana sta procurando imbarazzi, perdita di consenso al governo e purtroppo anche parecchi problemi di sicurezza interna nel sud-est del Paese, come abbiamo visto a inizio a mese in occasione dell’attentato a Reyhanli dove hanno perso la vita 52 persone.
C’è il rischio di intervento dei militari come altre volte nella storia turca?
Direi di no per due motivi. Il primo è che sono stati profondamente indeboliti e spogliati del loro potere in questi anni. Il secondo è che, per la composizione varia della piazza di cui parlavo prima, solo una minoranza potrebbe vedere di buon occhio una soluzione militare.
Come si sta comportando l’opposizione?
E’ molto attiva ma credo che stia compiendo l’errore di volersi appropriare della rivolta, quando abbiamo visto che invece vi partecipano anche anime non in linea con la loro tendenza politica. Credo dovrebbe usare questo momento di debolezza per costruire un programma politico ed economico alternativo a quello del premier e che possa essere giudicato credibile dagli elettori.