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Come i giudici di Tortora, promossi dal CSM quelli che hanno assolto agenti per morte Cucchi?

Caso Cucchi: fu omicidio colposo, secondo le toghe.

Salvi gli agenti, condannati i medici, con una “stangatina”. Insomma, chiamiamo le cose con il loro nome: una sentenza vergognosa! Solidarietà alla coraggiosa sorella del giovane, Ilaria, malmenato dagli agenti di custodia, ma non secondo la “giustizia”, di primo grado, del bel Paese, che li ha assolti, insieme agli infermieri dell’ospedale romano “S.Pertini”, dove il giovane restò, assistito, si fa per dire, ben 6 giorni, dopo il suo arresto per detenzione di sostanze stupefacenti.

Tre domande. Saranno promossi e faranno una luminosa carriera anche questi valorosi giudici, come lo furono quelli che, 30 anni fa, incarcerarono e stangarono Enzo Tortora come un infame camorrista, provocando indicibili sofferenze al popolare giornalista, che mori’ di tumore, pochi mesi la sua definitiva assoluzione dalle gravi e infondate accuse?

La ministra della Giustizia, donna Anna Maria Cancellieri, pur rispettando l’autonomia dell’ordine giudiziario, non dovrebbe esternare, tranquillizzando i cittadini? Affermando, cioè, che un detenuto non è un cittadino di serie B o di serie C , un poveraccio. Ma che, finchè è ristretto nelle prigioni o nei reparti penitenziari degli ospedali, tutti i suoi diritti, in primis quello alla salute, garantito dalla Costituzione, devono essere tutelati.

Infine, l’Associazione nazionale dei magistrati e il Consiglio superiore della magistratura, presieduto da Napolitano- che non perdono occasione di difendere i propri associati dalle critiche, anche le più blande, in primis quelle dei politici- non dovrebbero esprimere il dissenso sulla sentenza, facendosi interprete dello sconcerto della pubblica opinione e, si spera, anche di molti giudici? Non la famiglia di Stefano Cucchi, ma i sostituti della Procura di Roma, titolari dell’inchiesta sulla morte del giovane, decisero,infatti,  sulla base evidentemente di elementi concreti, di rinviare a giudizio gli agenti della polizia penitenziariaria, sostenendo che costoro avrebbero abusato “dei poteri, inerenti alla qualità di appartenenti alla polizia penitenziaria, quali preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza, adibite alla custodia temporanea degli arrestati in flagranza di reato, in attesa dell’udienza di convalida, spingendo e colpendo, con dei calcioni, Cucchi, che vi si trovava in quanto arrestato”.

“Me l’hanno ucciso un’altra volta!”, ha affermato la madre di Cucchi. “Andremo avanti fino in fondo, troveremo la verità. E’stato un fantasma a farlo morire?”.

Interrogativi e angosce strazianti, a cui uno Stato democratico deve fornire risposte molto più serie e convincenti rispetto alla sentenza di primo grado.

 


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