Nessuno si faceva troppe illusioni nel comitato elettorale per Gianni Alemanno sindaco. Ma i primi exit poll indicano una tendenza che sarà difficilmente modificabile.
D’altronde i dodici punti di distacco da Ignazio Marino al primo turno non faceva presagire nulla di positivo visto che al ballottaggio di solito vanno a votare meno cittadini rispetto al primo turno.
Così come l’ansia di fare sempre più confronti tv, nutrita da Alemanno rispetto a un Marino recalcitrante, era il tentativo di mettere in difficoltà il medico del Pd che invece sgusciava.
Certo, arriveranno le spiegazioni solite secondo cui con la crisi economica certo non favorisce un sindaco uscente e con un Pdl che comunque flette nettamente rispetto a un recente passato anche se alla fine le elezioni nazionali hanno segnato una quasi vittoria per il partito berlusconiano.
C’è da dire, però, che si avvertiva da tempo un certo disincanto in larghi strati del centrodestra, anche quelli più borghesi e moderati, verso la capacità amministrativa e politica di Alemanno, su cui di certo non hanno influito positivamente scandali e scandaletti che certamente non hanno denotato una buona amministrazione se non una ottima selezione di collaboratori e manager da assurgere a nomine municipali.
La sconfitta di Alemanno deve però indurre a una riflessione che suona come ulteriore critica al candidato del Pdl: non vince un uomo della sinistra moderata. Certo, Ignazio Marino ha avuto tra gli sponsor nazionali Matteo Renzi. Ma la sinistra che rappresenta e di cui è espressione è un altro tipo di sinistra, quasi un altro Pd, rispetto a quello ufficiale e struttura che a Roma con tutta probabilità alla primarie aveva puntato su David Sassoli.
Così se a Milano c’è Giuliano Pisapia, a Roma a sindaco ci sarà un altro poltico di estrazione radicaleggiante.
Un aspetto su cui meditare, sia a destra che a sinistra.