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 I soldi buttati degli incentivi all’occupazione giovanile

Gli incentivi fiscali per l’assunzione di giovani e per la creazione di nuovi posti di lavoro sono inutili. Allo scopo, a quanto pare, il Governo Letta dovrebbe destinare tra i 400 e i 500 milioni di euro, per il credito d’imposta o per la decontribuzione per 2 o 3 anni per chi assume un giovane con contratto a tempo indeterminato. Per capire l’inutilità del provvedimento, rispetto alla presunta capacità di creare nuova occupazione, partiamo da una domanda semplice. Quando e perché un’azienda assume? Solo nei casi in cui ne ha necessità, mi pare. Le assunzioni dipendono dalle reali e concrete esigenze produttive di un’azienda.  E gli incentivi vari, in questo caso, potrebbero servire solo ad indirizzare la qualità delle assunzioni e non la quantità. Un esempio: se un giovane fino a 24 anni costa meno rispetto ad uno sopra questa soglia e magari con un po’ di esperienza, l’azienda per risparmiare potrebbe preferire di assumere un giovane sotto la soglia utile per l’incentivo. In questo caso l’incentivo indirizza il tipo di assunzione e basta e non è uno stimolo a creare nuova occupazione.

E poi, quale dato statistico ci dice che l’azienda assume grazie all’incentivo oppure che avrebbe assunto anche in mancanza di agevolazione? Questa riflessione sta portando diversi tecnici e esperti a ripensare meglio il ruolo e l’utilità di queste misure ai fini della creazione di nuova occupazione, che è quello di cui abbiamo maggiormente bisogno in questo momento. Inoltre, sarebbero incentivi generalizzati, e non focalizzati a sostegno di una politica industriale di sviluppo mirata verso settori strategici e ad elevato tasso di crescita, con ulteriore indebolimento dell’effettivo impatto positivo sulla crescita del mercato del lavoro.

A riprova di quanto detto, si possono leggere in quest’ottica anche i dati appena pubblicati sull’utilizzo delle risorse del Fondo straordinario previsto dal decreto Salva Italia del Governo Monti, per favorire i giovani under 29 e le donne. In una nota del Ministero del lavoro si afferma che sono 24.581 i contratti di lavoro attivati grazie ai 232 milioni di euro messi a disposizione del fondo, e di questi, 23mila contratti hanno riguardato la trasformazione di contratti di lavoro “precari” e instabili in contratti a tempo interminato (full time e part time) e solo per 1.000 contratti sono stati attivate le risorse del fono per la creazione di nuovi contratti a tempo determinato. L’incentivo, quindi, ha funzionato per il miglioramento qualitativo del rapporto di lavoro, ma molto meno per la creazione di nuova occupazione. Fermo restando il dubbio che quei 1000 contratti, probabilmente, si sarebbero attivati anche senza il contributo economico previsto.

Stesso discorso sulla staffetta generazionale. Si è avuta notizia in questi giorni del primo contratto stipulato con questa  formula e ha riguardato una segretaria dell’Assolombarda (in Lombardia ovviamente) di circa 60 anni che passerà ad un part time per far posto ad un giovane di prossima assunzione.  La notizia è più equiparabile alla scoperta di un fossile di milioni di fa, vista la sua rarità, piuttosto che ad un fatto sociale di grande rilievo. Su questo, tuttavia, sembra che in tanti abbiano finalmente aperto gli occhi.

Che fare, allora? In una recente intervista apparsa sul Corriere della Sera, il Ministro del lavoro tedesco, Ursula von der Leyen, ha spiegato le principali misure adottate dal suo dicastero per creare occupazione, e tra queste ha messo al primo posto le politiche attive del lavoro.

“La rivoluzione dei sistemi di servizi all’impiego è stata fondamentale. A chi è disoccupato – spiega il Ministro – per prima cosa offriamo un lavoro o un percorso di formazione, prima c’era solo il sussidio. Il personale dei servizi all’impiego è tenuto ad eliminare gli ostacoli che ci sono tra la persona disoccupata e il posto di lavoro”.

Questo è lo strumento più importante che un Ministro del lavoro ha in mano. E allora, Ministro Giovannini, visto che proprio Lei ha detto che “abbiamo un solo colpo a disposizione e non possiamo sbagliare obiettivo”, perché non dirotta tutte le risorse che abbiamo per rivoluzionare i nostri servizi per l’impiego e permettere alle persone che vogliono accedere ai tanti lavori non coperti di poterlo fare? Le suggerisco anche, dal punto di vista delle risorse della formazione da destinare allo scopo, di buttare l’occhio ai fondi interprofessionali per la formazione continua (che contano su un tesoretto di 1 miliardo l’anno e spesso non tutti spesi) e scoprirebbe che il 75% di queste risorse sono sprecate e bruciate in corsi inutili. La fonte di questo dato è proprio il Ministero che Lei guida.

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