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Brasile, non solo Confederation Cup 2013. I perché della protesta a Sao Paulo

Vi ricordate le scene di violenza del film brasiliano “Tropa de elite” di José Padilha (2007) nel quale un commando speciale dell’esercito doveva “ripulire” le favelas dai criminali alla vigilia del Papa Giovanni Paolo II a Rio de Janeiro?

Questa volta gli scontri (reali) sono stati simili ma nella città di Sao Paulo. Come a Istanbul, a scatenare le manifestazioni è stato l’aumento dei prezzi del servizio dei mezzi pubblici, ma ora si sono innescate proteste per altre problematiche del Brasile. Fino ad oggi ci sono state quattro le manifestazioni e il bilancio è di 50 feriti e 250 detenuti.

Le proteste si sono moltiplicate in altre città come Porto Alegre, Santarém e Santos y Natal. In rete c’è chi anticipa una “Primavera carioca” come ribellione contro i costi dell’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014 e i Giochi olimpici del 2016; eventi di grande rilevanza mondiale che fino ad ora erano stati fonti di attrazione per gli investitori stranieri ma davanti all’inflazione e il calo nella crescita economica brasiliana sono diventati motivo di scontento tra la popolazione.

Con questo aumento, per chi deve fare un viaggio andata e ritorno, sei volte alla settimana, la spesa di trasporto può superare i 200 reales al mese, quando lo stipendio minimo è di 678 reales.

L’annuncio dell’aumento arriva in un momento di acuta crisi economica, con la caduta della Borsa, l’aumento dell’inflazione e il sorpasso del dollaro rispetto al real, la moneta brasiliana.

La mano dura di Dilma

Secondo il quotidiano Folha de Sao Paulo, il sindaco di Sao Paulo, Mauricio Lopes, ha chiesto alle forze di sicurezza di aprirsi al dialogo con i manifestanti per fermare la violenza. La sua proposta è di fermare l’aumento dei biglietti degli autobus, metro e tram che chiedono i sindacati.

Due giorni fa, il presidente Dilma Rousseff ha fatto un discorso televisivo molto duro. Ha assicurato che c’è un settore che vuole giocare contro gli interessi del Brasile e che il suo governo non lascerà che l’inflazione e la spesa pubblica prendano il sopravvento. Allo stesso tempo, Rousseff ha annunciato un nuovo programma di micro-crediti di 5.000 reales per l’acquisto di mobili per chi si è beneficiato dal programma sociale di abitazioni. Ma i brasiliani si accontenteranno?

Il ministro della Giustizia, José Eduardo Cardozo, ha detto che sarà aperta un’inchiesta per capire se ci sono stati abusi da parte della polizia nel contenere le proteste e ha ribadito che in Brasile c’è “totale libertà di espressione ma non di vandalismo”.

Il Brasile sottosviluppato

Secondo l’antropologo brasiliano Fred Lúcio, intervistato dalla tv O Globo, la scintilla che ha acceso queste manifestazioni è stato l’aumento dei prezzi dei mezzi pubblici ma di fondo c’è uno scontento generale sul funzionamento di questi servizi (in una città come Sao Paulo di 20 milioni di abitanti), sulla sanità, l’istruzione e i casi di corruzione in Brasile. Secondo Lúcio comincia a sentirsi la pressione di una società “che si crede e ha voglia di essere del primo mondo”, ma che ancora ha retagli, soprattutto strutturali, non ancora sviluppati.

La lezione turca

Il sindaco di Sao Paulo, Fernando Haddad, ha condannato la violenza della polizia, ma ha detto che c’è stata anche un atteggiamento criminale da parte dei manifestanti.

Amnesty Internacional ha detto attraverso un comunicato che bisogna seguire con “attenzione l’aumento della repressione nelle manifestazioni in Brasile e guardare con preoccupazione il discorso delle autorità che le criminalizza perché potrebbe aumentarle”. Come in parte è accaduto a Istanbul.

Intanto, gli occhi del mondo sono in Brasile anche a causa dell’inizio della Confederation Cup 2013, i giochi preparativi dei campioni del mondo prima dei Mondiali di calcio 2014. E la tentazione di contenere le manifestazioni (come nel film Tropa de elite) si fa sentire.


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