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Mediobanca, Rcs e Generali: l’insostenibile leggerezza dei salotti buoni (buoni?)

C’è grande attesa per il nuovo piano industriale di Mediobanca su cui si alzerà il velo venerdì 21 giugno e che dovrebbe sancire una netta sterzata di allontanamento dai cosiddetti salotti finanziari, un tempo “buoni”, per rafforzare il business bancario, anche all’estero. Un’operazione che, a detta degli esperti interpellati da Formiche.net, costituisce tuttavia una tappa obbligata in direzione della redditività. E che, di riflesso, potrebbe rendere le Generali sempre più contendibili.

Il cambio di strategia su Telco, Rcs e Generali

Secondo le ultime indiscrezioni, l’uscita dai salotti dovrebbe concretizzarsi in alcuni passaggi salienti. Innanzi tutto, le partecipazioni in Generali, Telecom Italia (attraverso la holding di controllo Telco) e Rcs non saranno più strategiche. Quella nel gruppo editoriale, in particolare, sarà progressivamente svincolata dal patto di sindacato e sarà inserita nel portafoglio di partecipazioni disponibili per la vendita, insieme con la quota in Telecom Italia, così da uscire al momento opportuno da due investimenti che, negli ultimi cinque anni, hanno zavorrato non poco il bilancio di Piazzetta Cuccia. Discorso diverso per il 13,24% nelle Generali, che, anche in ottemperanza alla normativa sul capitale e la liquidità di Basilea 3, dovrebbe scendere al 10% in un’ottica stabile nel tempo.

Un riposizionamento partito quasi dieci anni fa

Del resto, l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, già nel settembre del 2005, presentando il nuovo piano industriale triennale in qualità di direttore generale, aveva preannunciato che l’istituto di Piazzetta Cuccia sarebbe diventato sempre più banca e meno holding di partecipazioni. Da allora, e fino a circa il 2006, furono così cedute le partecipazioni incrociate in Capitalia, Commerz e Fiat. In questo senso, il nuovo processo di dismissioni di quote che sta per essere annunciato (oltre a Rcs e Telco ci sono anche quelle in Pirelli, Gemina, Sintonia e Atlantia) potrebbe essere considerato come il completamento di un riposizionamento partito ormai quasi dieci anni fa.

Galli: “Le partecipazioni sono ormai pozzi dove si butta denaro a fondo perduto”

Secondo Giancarlo Galli, saggista e biografo di Enrico Cuccia, il grande dominus di Mediobanca per tutta la seconda metà del secolo scorso, “l’attuale management sta tentando di sganciarsi da tutte quelle partecipazioni che sono ormai un po’ come dei pozzi dove si butta dentro denaro a fondo perduto. Cuccia – prosegue Galli – era stato grande perché aveva inserito il sistema Italia nel complesso dell’economia occidentale; un’economia che però non esiste più e che ha lasciato spazio a un sistema planetario. Ed è proprio qui che ho impressione che voglia entrare ora Mediobanca, sia pure con un po’ di ritardo rispetto ad altri operatori esteri”. In altri termini, sempre a parere di Galli, autore fra l’altro di un celebre “Gli gnomi della finanza” (Garzanti) Piazzetta Cuccia potrebbe in questa fase avere in mente di approdare in Paesi in via di sviluppo, come ad esempio l’Europa dell’Est, così da cogliere eventuali opportunità di business. Il piano che Mediobanca presenterà venerdì 21 giugno, nel frattempo, stando alle ultime indiscrezioni, dovrebbe annunciare il rafforzamento delle sedi esteri esistenti (Francoforte, Londra, Lussemburgo, Madrid, Mosca, New York, Parigi), senza però l’apertura di nuovi presidi.

E le Generali diventano sempre più contendibili

La conseguenza principale dell’imminente processo di disimpegno di Mediobanca dai salotti finanziari è che le Generali potrebbero diventare sempre più contendibili. E’ la lettura del fenomeno che dà Gianni Gambarotta, editorialista economico ed ex direttore del Mondo e di Finanza & Mercati, secondo cui “la vera argenteria che Mediobanca ha da vendere è la quota in Generali”. Il gruppo triestino del Leone, secondo Gambarotta, se Piazzetta Cuccia effettivamente ridimensionerà l’attuale partecipazione del 13,24%, “potrebbe diventare sempre più contendibile e, perché no, anche finire in mani straniere”. Recenti indiscrezioni di stampa, indicavano che, proprio per scongiurare tale eventualità, Mediobanca potrebbe decidere di fare asse con i soci industriali italiani delle Generali, ossia Leonardo Del Vecchio e i gruppi Caltagirone e De Agostini. Un’unione di intenti che, del resto, è già stata collaudata poco più di un anno fa, all’epoca della “cacciata” dell’ex amministratore delegato, Giovanni Perissinotto, poi sostituito da Mario Greco.



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