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Lloyds, Rbs e Barclays, le banche che fanno tremare la City

La City trema e il terremoto parte da Lloyds. Un rapporto della Bank of England mette a nudo i problemi di capitalizzazione di cinque banche inglesi, e, per spiegare i motivi del credit crunch e il fallimento dei programmi governativi di sostegno al credito, Threadneedle Street tira in ballo le filiali inglesi dei gruppi stranieri. Ma il rischio che la bolla causata dall’ondata di liquidità sui mercati esploda, resta. E i dubbi che possa partire da Londra, anche.

Le banche con l’acqua alla gola

A cinque banche britanniche servono capitali freschi per 13,7 miliardi di sterline in modo da tamponare un disavanzo stimato in 27,1 miliardi entro la fine dell’anno. E’ quanto si legge in un rapporto della Bank of England che fra gli istituiti da ricapitalizzare segnala Barclays, Lloyds e Royal Bank of Scotland che già hanno presentato piani per raccogliere in tutto 12,5 miliardi. La situazione più critica è quella di Lloyds che, stando ai calcoli della banca centrale inglese, deve integrare con altri 7 miliardi il piano di ricapitalizzazione già presentato.

Le filiali inglesi dei gruppi stranieri

Un rischio sistemico a cui dovrà far fronte Downing Street. Ma il focus della Bank of England è anche un altro. A far peggiorare la crisi finanziaria del Paese, secondo la Banca centrale inglese, sarebbero le filiali dei gruppi stranieri a Londra. Istituti di credito, si legge sul Financial Times, che hanno ristretto i loro prestiti di circa la metà nella fase più acuta del credit crunch.

I prestiti delle filiali di banche straniere in Gran Bretagna, riporta il quotidiano della City, sono schizzati alla vigilia della crisi per collassare del 45% tra il terzo trimestre del 2007 e quello del 2009.

I programmi governativi per il sostegno al credito

Lo studio della Bank of England sottolinea le difficoltà nell’allontanare il pericolo del credit crunch. E anche il Funding for Lending Scheme e il Project Merlin, le iniziative adottate dal governo per stimolare i prestiti a imprese e famiglie, sembrano oggi aver fallito nell’invertire la tendenza nel settore. Ma, non esita a evidenziare la Bank of England, quei programmi comunque erano indirizzati solo a istituti inglesi, e non a quelli stranieri su cui oggi si punta il dito contro.

I numeri

La ricerca mostra come le banche a partecipazione pubblica, che sono finite sotto il fuoco delle critiche di governo e lobby per la loro riluttanza a collaborare con Pmi e famiglie, hanno comunque ridotto la loro esposizione in modo molto meno drammatico di quanto fatto dai gruppi stranieri nella fase di credit crunch più grave, registrando un calo del 14% nei due anni considerati.

Londra al centro della prossima bolla?

E Andy Haldane, il direttore dell’area finanziaria della Bank of England, ha avvertito dei rischi per la stabilità finanziaria quando esploderà quella che l’economista definisce la “più grande bolla speculativa della storia”. Haldane, si legge sul Guardian, ha ammesso che il Financial Policy Committee (Fpc) della Bank of England sta impiegando troppo tempo per obbligare le banche a ricapitalizzarsi, un attacco seppure indiretto alla gestione del governatore Mervyn King. Lo sboom della “bolla finanziaria, causata dalle banche centrali che pompano liquidità sui mercati”, è un pericolo che secondo Haldane si rischia di correre a breve. E il campo minato, adesso, è quello dei cyber attack. Non più la crisi dell’eurozona che ha tormentato Threadneedle Street fino a ieri.

Le richieste della BoE

Secondo la normativa internazionale il leverage ratio (l’indebitamento bancario) da rispettare sarà del 3%, entro il 2019, il che permette alle banche di impiegare in prestiti 33 volte il valore del loro capitale, ma il Fpc intende poter gestire da sola questo rapporto così da limitare i rischi che gli istituti di credito inglesi potrebbero correre.

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