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La settimana decisiva del governo Letta-Alfano

Si apre una settimana decisiva per le sorti del governo Letta-Alfano. Blocco dell’aumento dell’IVA e annullamento dell’IMU sulla prima casa sono i provvedimenti richiesti in via ultimativa dal Pdl, preoccupato, da un lato, dal rispetto delle promesse elettorali e degli accordi di governo, e, dall’altro, dalla situazione giudiziaria del Cavaliere.

La ripresa dopo alcuni anni dell’unità sindacale, con la manifestazione di ieri a Piazza San Giovanni, è il segnale di un grave momento economico e sociale che non può non riverberarsi su quello politico e istituzionale.

La decisione della Corte costituzionale, al di là della strumentalità o meno del legittimo impedimento assunto a suo tempo dal Presidente del consiglio, di fatto altera quell’equilibrio di poteri su cui regge l’intero sistema istituzionale della Repubblica, consegnando un inaccettabile potere di veto alla magistratura sull’esecutivo, ben al di là di quell’autonomia e irresponsabilità di cui il terzo potere già largamente gode.

L’alto livello di disoccupazione, specie di quella giovanile, e l’anomia diffusa, dopo il versamento delle rate IMU per le seconde case e IRPEF di Giugno, in concomitanza con l’altra tegola patrimoniale della TARES, creano una pericolosa saldatura tra le difficoltà del ceto medio e delle classi più disagiate, premessa di possibili fenomeni di ribellismo sociale, peraltro, largamente diffusi in Europa (Grecia) e nel mondo (Brasile) a forte capacità mediatica attrattiva.

La nascita del “governo di necessità”, “della responsabilità “o “delle larghe intese” segna inevitabilmente la fine della ventennale stagione caratterizzata dalla contrapposizione tra il berlusconismo e l’antiberlusconismo. Una stagione dalla quale l’unico vincente sin qui, sul piano finanziario, è quel “ gentiluomo in guanti bianchi” padrone del gruppo Repubblica-Espresso, tessera n.1 del PD, ispiratore delle politiche e delle trame che hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare tuttora la vita interna del partito democratico.

Qui si conduce una battaglia solo apparentemente fondata sul ruolo potenzialmente antagonista tra Matteo Renzi ed Enrico Letta, in realtà, molto più specificatamente, tra l’anima riformista, ubbidiente all’intelligente strategia di Napolitano e quella massimalista, disponibile all’avventura di quel governo del cambiamento con i transfughi dell’esercito grillino in lento rapido sfaldamento.

Sullo sfondo, ma non troppo sfuocato, la situazione giuridica personale del Cavaliere tra prossima sentenza dell’incredibile processo Rubi, della Cassazione sul processo Mediaset, e altri, code della persecuzione giudiziaria cui è stato sopposto il leader del Pdl in questi vent’anni.

Agitare lo spauracchio di elezioni anticipate con l’aggiunta di neonate squadre di difesa azzurre, a tardiva imitazione delle tragicomiche ronde padane, con alcuni falchi dediti alla quotidiana azione di richiamo del governo, fornisce materiale combustibile a una situazione già di per sé carica di rischi esplosivi.

Auguriamoci che anche nel Pdl possano e debbano prevalere le posizioni di maggiore equilibrio e si cominci a ragionare come se Silvio non fosse più della partita.

Meglio sarebbe, e da tempo l’auspichiamo, un’uscita condivisa civile e di equilibrio per Berlusconi, anche perché l’idea di un movimento-partito eteroguidato da una sorta di ayatollah esterno alla Khomeini, o, peggio sotto la leadership ereditaria di una pur brava figliola, non ci sembra possa essere la prospettiva per il blocco sociale, economico e politico culturale dei moderati italiani.

La stagione della contrapposizione feroce deve finire e il governo Letta-Alfano, tra gli altri obiettivi, ha questo nel suo programma. Operiamo tutti affinché si persegua questo risultato al fine di evitare pericolose esperienze al nostro Paese.

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