La settimana è cominciata col piede storto per le borse asiatiche, che guadano preoccupate alle tensioni finanziarie che si sono create in Cina. Temendo possibili bolle, Pechino omette interventi calmieranti: ieri la banca centrale cinese ha gelato le attese che si erano create, affermando che i livelli di liquidità attuali sono adeguati. La nota che i mercati temevano, e non solo quelli asiatici.
I dati deludenti sulla produzione industriale
Secondo indiscrezioni di stampa, tuttavia, ci sarebbero state manovre volte a far attenuare i livelli dei tassi interbancari, gli interessi che le banche richiedono per prestarsi fondi a vicenda, e che, la scorsa settimana in Cina hanno segnato impennate del tutto anomale e allarmanti. “Le notizie sui timori di stretta creditizia da parte delle autorità cinesi vanno ad aggiungersi ai dati di produzione industriale che mostrano un calo, come rilevato nelle scorse settimane. Sul piano globale la situazione si sta particolarmente complicando”, ha dichiarato il capoeconomista Nomisma, Sergio De Nardis, commentando le notizie di possibile credit crunch per la Cina e conseguente calo delle Borse mondiali.
Il crollo delle Borse di ieri
Il segnale sulla volontà di non intervenire ieri ha scatenato una caduta a precipizio delle Borse cinesi, Shanghai ha chiuso al meno 5,30 per cento, Shenzhen al meno 6,46 per cento e si sono tirate dietro il resto dell’Asia. In fumo sono andati la bellezza di 4mila e 500 miliardi di dollari.
Lo Shadow Banking
E ad acuire le tensioni è stata anche la mancanza di trasparenza durante uno stress test sugli istituti di credito cinesi. Il governo guidato dal premier Li Keqiang, la scorsa settimana ha sollecitato le imprese a fare di più per sostenere la trasformazione economica del Dragone e a ridurne i rischi. I provvedimenti adottati per contenere i prezzi delle case e gli investimenti delle autorità locali sono stati infatti vanificati dall’attività del settore dello Shadow Banking.
La comunicazione opaca della Bank of China
Ma i colossi del credito, sottolinea Bloomberg, chiedono anche una maggiore trasparenza sulle prossime mosse della Banca centrale cinese. “Dietro le quinte, posso garantire che il livello di discussione tra la People’s Bank of China (PBoC) e gli ad delle banche è stato abbastanza intenso negli scorsi giorni”, ha spiegato Adrian Zuercher, capo strategist per gli Emergenti di Credit Suisse. “Tuttavia – ha proseguito – non abbiamo visto grandi azioni di comunicazione. La PBoC dovrebbe aprirsi al mondo finanziario con una strategia comunicativa appropriata”. Più misteri, d’altra parte, scatenano la volatilità, ha sottolineato anche Zhang Zhiwei di Nomura.
L’indebitamento crescente
Il rischio in Cina sta crescendo e il settore bancario ombra si sta espandendo, con gli intermediari finanziari che si indebitano sempre più per approfittare di investimenti redditizi, ha evidenziato l’agenzia Xinhua News. Come riporta Bloomberg, l’Aggregate Financing, un indice che misura il credito totale tra prestiti, stock e titoli di Stato, ha toccato quota 9,1mila miliardi di yuan nei primi cinque mesi del 2013, con un’impennata del 50% rispetto allo stesso periodo del 2012.
Le reazioni che servono in Europa
“I segnali da Usa e Europa sono, sul fronte tassi d’interesse, di crescita – ha proseguito De Nardis di Nomisma -. Tassi in rialzo e indebolimento della domanda cinese si presentano nel momento in cui la ripresa, o meglio l’uscita dal tunnel recessivo, non si presenta all’orizzonte sia in Italia che nella maggior parte dei Paesi europei. Per questo è fondamentale che a livello europeo vengano individuate strategie comunitarie a sostegno del ciclo. Questo passaggio si rende fondamentale per scongiurare il ritorno di tensioni nell’area euro”.