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Euro golpe. Colpire Draghi per affondare l’Italia

Il premier Enrico Letta aveva parlato di un contrasto molto forte in seno alla Ue. Pur sommerso dal clamore per la sentenza nei confronti di Berlusconi e le polemiche nel Pd sugli F35, il presidente del Consiglio aveva pronunciato parole degne della massima attenzione a proposito di quanto si sta muovendo in Europa.

A differenza di una retorica nazionale che vedrebbe una stabilizzazione dell’eurozona e la prospettiva felice di un allentamento della stretta del rigore dopo le elezioni tedesche, la realtà è ben più cupa e tutti i segnali sembrano voler disegnare l’Italia come caprio espiatorio perfetto per tutti i guai del vecchio continente. Il nostro Paese potrebbe pagare il conto più salato, salvando la Francia (che ha una situazione di finanza pubblica non particolarmente brillante…) e facendo levare una soddisfazione ai tedeschi (che non ci hanno in simpatia, per dirla con un eufemismo).

Perché quel poco che resta della capacità sovrana italiana salti, occorre smontare le sue istituzioni a partire dal governo (anche per indebolire, se non abbattere, l’argine della diga Napolitano) e magari silurare l’italiano re di Francoforte, Mario Draghi. Potrebbe essere lui il bersaglio grosso, vittima di un regolamento di conti interno al sistema del potere italiano ma anche di un crescente desiderio da parte degli azionisti europei di liberarsi di un personaggio tanto autorevole quanto, per questa ragione, ingombrante.

Il Financial Times di oggi mette in prima pagina una notiziola a firma del corrispondente da Roma, Guy Dinmore, che diventa l’apertura della versione online del più importante quotidiano finanziario della City. Il tema dello scoop giornalistico (della questione se ne era in parte parlato anche sui quotidiani italiani) ha proprio le fattezze del numero uno dei banchieri centrali europei. Ft svela infatti il conto salatissimo dei derivati che il governo italiano ha sottoscritto nel tempo. Qui però viene il bello.

Il giornale della finanza internazionale spiattella quello che appare comunque un segreto di Pulcinella. Pur con tutte le perifrasi e le prudenze del caso, Dinmore non manca di sottolineare come questi strumenti finanziari siano stati utilizzati alla fine degli ’90 come aiutino per pulire i conti e poter quindi entrare nell’Euro dalla porta principale. L’accusa è già grave di per sé. Ft però non si ferma qui e, coerentemente, segnala che all’epoca dei fatti il Direttore generale del Tesoro italiano era tale Mario Draghi.

Lo stesso che, con voluta malizia?, Ft precisa approderà (nel 2002) a Goldman Sachs. L’accusa non è rivolta in modo brutale ma c’è e si legge senza essere specialisti dell’open source intelligence. Può guidare la principale istituzione dell’Euro chi truccò i conti per far entrare il suo Paese nella moneta unica? A Berlino, Parigi e nelle altri capitali europee questo articolo-inchiesta scritto a Roma sarà molto letto. La curiosità maggiore però è: il Financial Times si fermerà all’avvertimento o andrà avanti facendosi sempre più esplicito?

Una sola raccomandazione metodologica: l’attacco non è alla persona Draghi (che ha difese immunitarie non banali). È all’Italia.



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