La stampa internazionale, a partire dal New York Times, ha iniziato a chiamarla la Apple d’Oriente. Secondo quanto scrive Quartz, la Xiaomi di Lei Jun è valutata oggi 9 miliardi di dollari. Fondata appena tre anni fa ha superato BlackBerry.
Lo scorso anno il colosso cinese ha venduto cellulari per 2 miliardi di dollari e quest’anno prevede di raddoppiare le vendite. Ora è pronta a competere sia con la Mela di Steve Jobs sia con i coreani della Samsung, con la differenza che i prodotti Xiaomi costano la metà di quelli concorrenti.
All’inizio di giugno il NYT raccontava il successo della società cinese, costruito “scimmiottando” i modi della Apple. Di Lei Jun si è scritto a esempio che nel suo modo di porsi e nel presentarsi in jeans e magliette nere prenda spunto dallo stile di Steve Jobs. Lo stesso vale per il design degli smarthphone. Una lettura che Charlie Custer su Tech in Asia contesta.
Diversi i materiali tra i prodotti Xiaomi e gli iPhone, nonostante alcuni tratti simili nell’estetica; diverso il marketing e soprattutto diverso il prezzo, che i cinesi vogliono tenere il più basso possibile. Niente Apple store quindi: i cellulari sono venduti online. E in Rete passa anche la comunicazione con la clientela, su social network e forum.
“Gi smartphone del produttore cinese sono un esempio di quel genere di micro-innovazione che arriva dalla Cina”, ha scritto Rebecca Fannin su Forbes online. Sono un esempio delle compagnie cinesi emergenti che puntano al mercato globale, come il servizio WeChat di Tencent, l’applicazione oggi più usata nella Repubblica popolare cinese che di fatto mescola assieme Twitter, Facebook, sms, Viber, Skype, Instagram, blog.
La filosofia della Xiaomi si sta diffondendo in tutta la Cina, sottolinea Quartz. La società venderà presto i prodotti a Hong Kong e Taiwan. Secondo il sito Engadget inizierà presto le vendite in Europa. Con l’obiettivo di diventare un marchio alla stregua di Zte e Huawei.