“Se pensavate che ciò che sta succedendo in Egitto potesse essere una nuova Primavera araba vi sbagliate. Che quattro ministri abbiano deciso oggi di rassegnare le dimissioni dal governo di Mohamed Morsi, e i manifestanti abbiano concesso al presidente 24 ore di tempo per lasciare il potere, non significa che siamo davanti ad un bis della rivoluzione del 2011. Quello che è successo durante la caduta del regime di Hosni Mubarak è stato un colpo di Stato. Oggi la situazione è diversa. E molto più pericolosa”.
In un’intervista a Formiche.net, Carlo Panella, esperto di Medio Oriente e firma del Foglio e di Libero, spiega cosa sta succedendo in Egitto, le colpe di Morsi, quanto e perché è determinante il ruolo delle Forze armate e perché questa volta gli Stati Uniti non vogliono essere coinvolti nelle vicende egiziane.
Siamo davanti a un’altra Primavera araba?
Assolutamente no. Siamo davanti a una rivolta popolare che, a differenza di quella del 2011, può sbocciare in una vera rivoluzione. Quella che si conosce come Primavera araba non fu una vera rivoluzione, ma una rivolta popolare di massa, appunto, che è finita con un colpo di Stato fatto dagli stretti collaboratori di Mubarak. In seguito, i musulmani hanno approfittato della struttura politica del Paese e hanno vinto le elezioni per insediarsi al governo.
E cosa hanno fatto?
Con il tempo si è palesato che i Fratelli Musulmani, il partito politico arabo più antico che c’è, non è capace di gestire il Paese. L’insipienza politica di Morsi si è sposata alla corruzione e all’incapacità di governare la crisi economica. In più, si è sommata a quel modo maniacale di occuparsi della Sharia (la legge di ispirazione coranica, ndr). Il risultato dopo un anno di governo è sconcertante. Basta vedere perché il Fondo Monetario Internazionale si rifiuta di dare all’Egitto 4 miliardi di finanziamento con un tasso di interesse vicino allo zero. Morsi continua a rifiutare di far le riforme che possono garantire che questi fondi non si perdano.
Queste rivolte porteranno alle dimissioni di Morsi?
Credo che Morsi non cederà e questo porterà a un aggravamento della crisi. Questa volta, la rivolta può avere reali sbocchi rivoluzionari.
A differenza della rivolta del 2011, quando gli Usa hanno sostenuto gli oppositori di Mubarak, questa volta il governo americano si è tirato fuori. Qual è il ruolo degli Stati Uniti?
Sull’Egitto, anche questa volta, Barack Obama è in preda al delirio. Bisogna ricordare che quando scoppiò la rivolta del 2011 Hillary Clinton disse, nelle prime dichiarazioni, che Mubarak era “un amico di famiglia”. Dopo gli Usa hanno sostenuto i militari. Un colpo di Stato guidato dal braccio destro di Mubarak. Gli Stati Uniti non hanno nessuna capacità di analizzare quanto accade in Medio Oriente. Come, per esempio, in Siria. È incredibile come sono riusciti a schiacciarsi a difesa di un regime islamista solo a causa di un fraintendimento della vicenda.
Un elicottero delle Forze armate lanciava ieri su piazza Tahrir la bandiera dell’Egitto come segnale di sostegno ai manifestanti. Quale sarà la parte dei militari in questa rivolta?
È difficile da interpretare il ruolo delle Forze armate. Morsi, con la complicità degli Stati Uniti, è riuscito a sostituire parte del vertice militare. Anche se l’Esercito intervenisse non avrebbe la forza politica per sostenere una fase di transizione.
Cosa potrebbe succedere in Egitto se cadesse Morsi?
Il problema è Morsi e la sua cattiva gestione del Paese. Ma le forze laiche o anti-Fratelli Musulmani sono altrettanto incapaci. Non c’è un figura chiara per accompagnare la transizione. Si parlava di Amr Moussa, ex segretario della Lega Araba, ma anche lui è pieno di contraddizioni. C’è un braccio di ferro, ma non ci sono opzioni importanti.