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Perché Renzi vincerà su D’Alema. Parla Caldarola

L’altalena di delegittimazione reciproca tra Matteo Renzi e Massimo D’Alema, intervallata solo da un breve momento di tregua, continua. E sembra consegnarci un Partito Democratico in cui prevarrà la logica grillina del “alla fine ne resterà uno solo”. Ma chi la spunterà tra l’ex rottamatore e l’ex rottamato? Formiche.net lo ha chiesto a Peppino Caldarola, giornalista dalla lunga esperienza, già direttore del quotidiano l’Unità e ora blogger di Lettera 43.

Perché Renzi e D’Alema non si sopportano?
La contrapposizione tra i due si può spiegare con un’intuizione e un errore di D’Alema. L’ex presidente del Consiglio ha capito che il partito renziano è assai più liquido di quello di Veltroni. Si tratta di un gigantesco comitato elettorale a favore del primo cittadino di Firenze in cui l’unico reticolo organizzativo è formato dai sindaci. È la morte del partito in senso classico ed è per questo che D’Alema non può che contrastarlo. Ma così facendo, pur dimostrando il coraggio che altri leader invece non hanno, rischia di rappresentare l’estrema autotutela della nomenklatura.

E qui sta il suo errore?
Sì perché non a caso attorno a lui si schiera un mondo che ormai non ha più nulla da dire. D’Alema alla fine appare come il protagonista della conservazione mentre a mio parere è stato un innovatore.

A proposito di mondo dalemiano, non ha notato un suo “spopolamento”? Penso a Nicola Latorre, diventato renziano, ai Giovani turchi ora sparsi in differenti correnti…
Il dalemismo non è mai stata una corrente politica organizzata ma un mondo di personalità differenti che avevano come punto di riferimento D’Alema. Forse aveva anche lui il suo cerchio magico ma da tempo non c’è più e gran parte dei suoi principali collaboratori hanno preso strade diverse. Penso a Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, a Marco Minniti finito sotto il mantello di Veltroni, a Nicola Latorre che si è avvicinato prima a Vendola e ora a Renzi, ai Giovani Turchi, ora distanti dal loro leader. Quindi sì, posso confermare che il piccolo mondo di D’Alema è scoppiato.

Nonostante ciò, sembra essere sempre lui il dominus nel Pd…
Il dominus resta lui, con lui si sono dovuti confrontare prima Prodi, poi Veltroni e Bersani. E ora tocca a Renzi…

Chi la spunterà?
È ovvio che vincerà Renzi perché ha delle carte imbattibili. A partire dalla giovane età che non è solo un fatto anagrafico ma una sintonia con l’ansia di cambiamento che c’è nel partito e nel Paese. E poi Renzi è il primo leader del centrosinistra che potrebbe sfondare il muro dall’altra parte, verso il centrodestra. Terzo motivo è il fatto che D’Alema dovrebbe condurre una battaglia contro la candidatura di Renzi con un nome come quello di Cuperlo o Fassina e sarebbe un’impresa ardua.

Come giudica il candidato dalemiano Cuperlo?
Cuperlo in un sistema di partiti sarebbe stato un segretario ideale: disinteressato, colto, non uomo di potere. Ma il decollo sarà difficile per quello che, può piacere o meno, conta oggi: l’immagine. Cuperlo non buca e tra le migliaia di libri che lo separano da Renzi, nel senso che lui li ha letti, Renzi non so, il rapporto con la comunicazione del sindaco di Firenze è molto più spontaneo e naturale. Cuperlo resta il candidato a testimonianza della sinistra del Pd.

Un mondo che sembra sempre più distinto e distante…
Cuperlo parla a un mondo che in realtà non esiste più. Il popolo degli ex comunisti, dopo vent’anni, si riconosce in parte nella nostalgia per il passato ma non ha più dialogo sul presente. La nostalgia non è una linea politica.

D’Alema e Bersani si erano allontanati ma ora sembrano riallineati nel fronte anti-Renzi. È così?
Se si riallineano, è un errore da parte di D’Alema. Bersani è un’ottima persona ma ha perso in un modo clamoroso, per errori suoi e del suo staff, le politiche e la partita per il Quirinale.

Un altro tema che divide Renzi e D’Alema è la querelle sullo sdoppiamento del ruolo tra segretario e candidato premier. Qual è la sua posizione a riguardo?
Mi sembra una discussione cretina, puro nominalismo perché è un dato di fatto che il candidato premier sia il capo del partito, affiancato in molti Paesi occidentali da un segretario organizzativo. Il vero tema è se tutto il partito investe o meno su una personalità.

E il Pd investirà su Renzi?
Personalmente su Renzi ho mille riserve ma la sua leadership c’è, inutile negarla o trovare dei sotterfugi per ostacolarla che alla fine rappresentano solo una caduta di immagine per chi li fa. Lo si combatta sui temi piuttosto.

Potrebbe essere Letta il suo sfidante alla leadership?
Ho molti dubbi a riguardo perché Letta al momento è la guida di un governo di larga coalizione con Berlusconi e Brunetta. MI sembra difficile che poi possa condurre una campagna elettorale contro Berlusconi e Brunetta. Per lui ci sarà un destino diverso dalla leadership.

 



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