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Mea culpa americani sul Datagate

Tempo di autocritiche sull’affaire Datagate-Nsa. Due esperti di sicurezza e questioni europee, Henry Farrell e Abraham Newman, definiscono sul Foreign Affairs “insensata” la gestione da parte dell’Nsa, in particolare per lo spionaggio ai danni delle istituzioni europee e del Consiglio Ue di Bruxelles.

Fino a quando infatti lo spionaggio ha riguardato istituzioni nazionali, lo scandalio è stato relativo, e per lo più, lasciano intendere gli autori, ad uso e consumo delle opinioni pubbliche interne. Infatti negli ultimi anni era risaputo nei comunità dell’intelligence europea che avevano cominciato a condividere una quantità senza precedenti di dati sui loro cittadini” con gli Usa, nell’ambito della cooperazione antiterrorismo e del monitoraggio dei flussi finanziari criminali.

Questa dinamica avrebbe portato negli anni scorsi ad una quasi-vittoria del fronte “securitario” su quello tradizionale pro-privacy in Europa, rispecchiando la preferenza dei militari europei per lo stile più diretto, pragmatico ma anche disinvolto dei loro colleghi d’oltreatlantico. Con l’attacco alle istituzioni Ue finite nel mirino dell’Nsa anche la linea “centrista” rappresentata dai partiti socialisti e conservatori viene erosa, e non rappresenta più un fronte solido e compatto favorevole a continuare la collaborazione con gli Stati Uniti.

Ritorna così a vincere a Bruxelles la linea favorevole al diritto alla privacy, prima appannaggio soprattutto dei liberali e dei verdi di Strasburgo e ora condivisa da tutto l’arco delle formazioni, inclusi gli ex-centristi. Ora, dice Foreign Office, bisogna riparare i danni alle relazioni Usa-Ue, offrendo una piattaforma di condivisione delle regole. Il rischio è che l’egemonia tecnologica delle aziende Internet americane venga vissuta come arroganza imperialista Usa, disperdendo un patrimonio prezioso di “soft power” globale.



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