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Il bene che c’è nel mondo, tante storie da raccontare

Sulla pagina facebook che ho creato e che gestisco, dedicata alla “sociologia” ho da poco inaugurato una nuova “pratica” che reputo importante.

Nel mondo accadono cose terribili, e questo è ampiamente documentato dai giornali, dalle televisioni, dai film, dalle tristi testimonianze di coloro che vivono in condizioni di deprivazione e in contesti di guerra. Tra le numerose storie che si possono ascoltare o leggere, spesso i media pongono l’accento più sul dato di “cronaca” (spesso nera) piuttosto che sulle motivazioni che hanno portato un popolo a ribellarsi, una persona a lottare rischiando di essere uccisa, quando ha avuto la fortuna di sopravvivere, o sugli effetti che certi accadimenti hanno sulla storia di una comunità e di un Paese.

La mia personale convinzione è che il “male” sia la parte minoritaria dell’essere umano, e che siano gli istinti positivi, il “bene” a primeggiare. Ma il male fa scalpore, una notizia di cronaca nera tiene banco sui media giorni o settimane, a volte anni. Un gesto positivo non genera adrenalina, ma commozione, empatia e fiducia. Cose decisamente poco “interessanti” se si vuole creare una reazione emotiva forte e incontrollata, come potrebbe accadere con una narrazione più noir. La notizia che attire di più l’attenzione è spesso quella del “mostro”, quella del “non lo avrei mai detto, era così normale”. Il progetto sembra essere quello di generare “sfiducia”, “odio”, “rabbia” e di condurre l’esistenza su una dimensione instabile e insicura.

Badate bene, non intendo affermare che sia inutile presentare i casi di cronaca nera, portare le testimonianze di violenza e di soprusi che avvengono nel mondo. Mi piacerebbe però che il racconto fosse più completo e che a fronte del dato di cronaca, cercato più per stupire e sconvolgere, che non per sensibilizzare, ci fosse anche un momento di riflessione e un momento di “speranza” da condividere.

Il “bene” c’è. Ricordarlo,forse, potrebbe essere di aiuto a tante persone che nel loro vivere quotidiano cercano un minimo segno di “fiducia”, nell’altro oltre che in se stessi. Così ho deciso di dedicare uno spazio a personaggi che hanno fatto qualche cosa di “positivo”,  di “coraggioso”, di “buono”. Lo faccio perché la speranza sarà anche l’ultima a morire (Spes ultima dea est), ma se nessuno lo insegna, lo ricorda, lo conferma, si rischia di cadere nella disperazione o, ancor peggio, nella rassegnazione rispetto ad una realtà che ci viene descritta come “brutta”, “cattiva” e senza alcuna possibilità di miglioramento.

(articolo tratto dal blog arabafenice86)


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