La piattaforma spaziale Galileo è frutto della presenza italiana in un’infrastruttura chiave dell’Europa futura. E’ un tributo a chi non ha mollato, di fronte agli scoraggiamenti e le tempeste industriali e finanziarie del Paese, spesso legate più del dovuto al ciclo politico di breve periodo.
Un filo diretto collega questo successo ai tentativi di costruire un robusto polo telematico negli anni Ottanta, attorno a gruppi pubblici e privati, da parte di manager che seppero vedere in anticipo (o quanto meno in tempo reale) lo spostamento del baricentro competitivo e della frontiera tecnologica verso settori appena abbozzati Oltreoceano (si pensi al programma spaziale di Reagan del 1983) e con ampie ricadute per esempio sui materiali avanzati.
Si trattava e si tratta di collegare quello sforzo a due direttrici: l’alleanza industriale e strategica con gli Stati Uniti e la creazione del mercato comune europeo. La prima, in grado di dare all’Italia un vantaggio geopolitico nella collocazione mediterranea, dove Roma è e resta la principale potenza e dunque il partner di riferimento di Washington per comprendere l’area. La seconda, come riferimento per restare ai vertici tecnologici insieme ai gruppi inglesi, tedeschi e francesi.
La linea tradizionale, incardinata su Finmeccanica ma estesa ad altri gruppi anche di medie dimensioni attivi nella meccanica di precisione, avionica ed elettronica, ha pagato nelle relazioni con gli Stati Uniti. Il pragmatismo degli imprenditori italiani è stato più forte dei richiami ad un europeismo retorico, passivo, di tutto favore per i competitor di Parigi, Londra e Berlino. Lo si vede ogni volta in cui si tratta di stringere rapporti e ponti anche lontani, con Russia, Israele, Turchia, ecc. E anche in tempi difficili, come testimonia l’ultimo Salone di Le Bourget, le aziende italiane sono in grado di farsi valere, eccome.
Gianni De Gennaro, presidente di Finmeccanica, sa che tuttavia non solo di accordi commerciali si tratta, ma di vere e proprie chiavi geopolitiche di accesso ad aree fondamentali per la sicurezza dell’Europa, e per la costruzione di una sua sfera di influenza. Che questa passi per una robusta infrastruttura tecnologica e satellitare, è inevitabile: abituati a pensare in termini di hardware energetico, dimentichiamo infatti l’importanza dell’asset fondamentale per la costruzione del potere nel XXI secolo: l’informazione e la comunicazione.
Che tale sfera di influenza sia “autonoma” dagli Stati Uniti, va da sé. Le dimensioni dell’impegno congiunto dei principali partner di Galileo e il pieno supporto della Commissione europea non lasciano dubbi al proposito. D’altronde, ogni sfera di influenza è, in quanto tale, “autonoma”, cioè consente a chi la comanda di disporre di proprie fonti e strumenti di elaborazione.
Semmai il tema è trovare codici interpretativi comuni, tra Usa ed Europa e ancor di più tra i Paesi leader dell’Europa. Intanto accontentiamoci di segnalare la presenza, non sporadica e non casuale, dell’Italia nel quartetto di testa, con pari e in taluni casi superiore dignità rispetto a Francia, Gran Bretagna e Germania.