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Letta fa il Renzi su Europa ed economia

No all’austerità europea cieca, mantenendo comunque fermo il rispetto dei vincoli di bilancio, focus sulla lotta alla disoccupazione e abbattimento del debito pubblico grazie ad un programma di dismissioni che non ricada negli errori degli anni Novanta.

Il premier Enrico Letta si è presentato al Senato con un piano che non si ferma al domani, e che vuole svincolarsi dai giochetti e dai ricatti del governo delle larghe intese. Il tono e la posizione sono quelli non del premier che fa da toppa, ma del leader politico che guarda a Bruxelles, sì, e cerca di tagliare l’erba sotto i piedi di Matteo Renzi, pronto ad aggiudicarsi la segreteria del Pd.

No al rigore cieco

Al Senato, Letta punta sui cavalli di battaglia storici del Pd. Non si tratta di attuare un “rigore e un’austerità cieca, quella sarebbe sbagliata. Troppe volte è stata usata e giustamente ha portato a un’immagine pessima dell’Europa”. Ora, “la linea europea sta cambiando e noi dobbiamo farla cambiare, il nostro governo lavora per questo. Dobbiamo dimostrare che la virtù nei conti deve portare dei vantaggi”. E grazie all’azione di governo, ha spiegato Letta, l’Italia può usufruire di un “favore fiscale” per le assunzioni dei giovani che non esiste altrove in Europa.

La stabilità dei conti pubblici

“L’Italia – ha aggiunto – è riuscita a costruire una situazione di tenuta strutturale dei conti pubblici, una delle conquiste di questi anni che dobbiamo assolutamente mantenere. Grazie a questo siamo stati in grado di ottenere l’uscita dalla procedura di deficit in modo più semplice di quanto sarebbe accaduto con una crescita del debito maggiore. Questo ci consente di reggere”. l’Italia insomma tiene, ma “senza crescita non se ne esce”.

La virtù finanziaria per attrarre investitori

L’Italia deve continuare ad avere un comportamento virtuoso nella gestione della finanza pubblica, perché solo così otterrà la “credibilità” necessaria per attrarre investimenti e quindi a rilanciare la crescita, ha detto Letta. Quello che serve è la continuità nella virtù, “l’unico modo per ottenere risultati di credibilità da parte dei grandi investitori e di creare quella crescita e quell’occupazione che è l’unico mondo nel quale possiamo uscire dalla crisi”. E ribattendo alle polemiche scatenatesi a seguito dell’acquisto di società italiane da parte di gruppi stranieri, Enrico Letta ha sottolineato: “Se ci sono marchi importanti italiani che trovano investimenti esteri che li rendono più forti sul mercato, io non mi scandalizzo. La parola italianità va concepita in una accezione molto più larga”.

Le privatizzazioni per abbattere il debito

E il governo intende proseguire sulle privatizzazioni, evitando però gli errori a volte commessi nel passato sia all’estero che in Italia. “C’è l’ipotesi – ha spiegato il premier- di una valorizzazione e allocazione nel modo migliore l’enorme patrimonio pubblico del nostro paese e anche le partecipazioni, pubbliche nazionali e degli enti locali. Sia perché c’è bisogno di efficienza, sia perché c’è bisogno di allocare al meglio le risorse a disposizione”. Ha precisato Letta: “Nessuno vuole ripercorrere le strade di privatizzazioni fatte male, in altri paesi e in alcuni casi anche in Italia”. Per gli errori del passato, compresi quelli della sinistra e del Pd, spazio non ce n’è più. Letta ne è convinto, così come dovrà esserlo il nuovo segretario del Pd.


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