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Papa Francesco e il codice di Camaldoli 70 anni dopo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

In una affollatissima sala del Cenacolo, la Camera dei Deputati ha celebrato il 70 anniversario del Codice di Camaldoli scritto nel luglio 1943 da esponenti delle forze cattoliche italiane. Fu ispirazione e linea guida per la politica economica della Democrazia Cristiana che si stava formando in quel periodo e che dopo la seconda guerra mondiale fu per diverse legislature il maggiore partito di governo.

Il documento fu elaborato al termine di una settimana di studio tenutasi dal 18 al 23 luglio 1943 nel monastero di Camaldoli nel reatino. Vi parteciparono circa cinquanta giovani dell’Azione Cattolica Italiana e dell’Istituto cattolico di attività sociale. I principi-guida furono elaborati dai valtellinesi Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni. Nessuno dei firmatari era presente in rappresentanza di enti religiosi o politici: ciascuno dei partecipanti ne assunse la responsabilità a titolo personale.

Il giorno dopo l’inizio dei lavori, il 19 luglio, si ebbe il bombardamento del quartiere romano di San Lorenzo, da parte degli alleati. Ciò portò ad un’accelerazione dei lavori di Camaldoli, facendo contrarre la prevista settimana per anticipare il ritorno dei partecipanti agli impegni sui territori.
In continuità con il Codice di Malines, con le encicliche Rerum novarum di Leone XIII del 1891 e la Quadragesimo anno di papa Pio XI del 1931, il testo di Camaldoli costituisce un testo fondamentale della dottrina del Cristianesimo sociale.

Uno dei meriti del Codice di Camaldoli è stato il riallineamento del pensiero cattolico-sociale italiano su parametri europei ed occidentali con il superamento delle anticaglie fasciste imperniate sull’autarchia ed il corporativismo. Di fronte allo sfaldamento del regime di Mussolini si affermavano con forza nuove linee strategiche in materia di commercio con l’estero e di collaborazione fra le diverse classi sociali.

La lunga vigilia di una generazione di giovani studiosi e di brillanti dirigenti della Fuci trova a Camaldoli un approdo organico alle moderne idee dell’economia sociale di mercato che è all’origine dei futuri successi elettorali della Dc di De Gasperi, Gonella, Piccioni e Mattei. Anche il gruppo dei professori universitari Fanfani, La Pira, Moro,Taviani farà costante riferimento ideale alle fondamentali idee economiche codificate a Camaldoli. La scelta dell’Occidente, dell’Europa Unita, la lotta contro ogni totalitarismo derivano in maniera limpida e diretta dalle giornate camaldolesi del luglio 1943.

Venendo ai giorni nostri Papa Francesco pochi giorni fa ha ricordato che il mondo sta attraversando una “crisi di pensiero”. Ancor prima di “agire politicamente” occorre “pensare politicamente” e il codice di Camaldoli ci ha donato una grande eredità. Tocca a noi il compito di declinarlo nel nostro tempo rifiutando “chiusure identitarie” ma giocando fino in fondo la nostra partita di laici impegnati in politica. Oggi occorre “deglobalizzare” e “riglobalizzare”. In altri termini bisogna ricondurre alcune questioni politiche alle scelte dei territori e contemporaneamente ricercare una maggiore equità fra nord e sud del mondo.

ll Codice di Camaldoli ci ha insegnato a lavorare sulla base di una passione civile autentica. Ciò non significa contrapporre la nostra storia e la nostra sensibilità a quelle degli altri, ma si tratta di animare il dibattito politico e le realtà locali con l’operosità e l’attenzione ai principi che ci sono propri consapevoli della responsabilità di tradurli nella mediazione culturale e politica. Ben sette decenni di storia dimostrano il grande valore di quelle elaborazioni di alta cultura politica che ancora oggi, con gli opportuni ammodernamenti, possono essere di grande utilità al Paese e all’Europa intera.


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