C’è una “periferia esistenziale e spirituale” (il copyright è di Papa Francesco) di cui non si sente praticamente parlare. E’ quella della persecuzione contro i cristiani, che si estende quotidianamente dalle coste del Nord Africa e del Sahel fino all’Asia, passando per il Medio Oriente.
Anche in questi ultimi giorni di festa per la presenza del Pontefice a Lampedusa, per una visita che rimarrà nella storia con il suo carico di segni e significati, dall’altra parte delle coste del Mediterraneo, il Mare nostrum, si consumavano crudeltà e uccisioni a causa del culto e della fede professata.
Nigeria
In Nigeria, dove da anni si combatte una guerra intestina tra i ribelli musulmani del gruppo jihadista Boko Haram (la cui traduzione letteralmente significa “l’istruzione occidentale è peccato”), che puntano a realizzare uno stato islamico sottoposto alle leggi coraniche della sharia, e il governo di Goodluck Jonathan, nella notte tra sabato 6 e domenica 7 luglio, un istituto superiore di ispirazione cristiana nel distretto di Mamudo, nello Stato di Yobe (zona nordorientale della Nigeria), è stato assaltato da un commando che ha ucciso oltre 40 persone, delle quali 29 studenti e un professore del collegio: sono finiti bruciati vivi, dilaniati o mutilati dal fuoco dei guerriglieri, mentre cercavano di scappare nel buio. Una sorta di caccia all’uomo, a maggior ragione contro il personale impiegato nel settore dell’educazione, considerato terreno di propaganda degli infedeli, occidentali e cristiani, che ha raggiunto le 1600 vittime in tre anni, distruggendo nello Yobe 209 scuole nello stesso arco di tempo, e che tuttavia si mescola anche a questioni commerciali e relative al possesso dei terreni per il pascolo.
Pochi giorni fa, infatti, sempre in Nigeria, nello Stato centrale di Benue, 20 contadini per lo più cristiani appartenenti all’etnia Tiv sono stati massacrati nel loro villaggio da un gruppo di pastori Fula, in maggioranza di religione islamica.
Egitto
Nell’Egitto, che sta ri-combattendo in questi giorni la sua “primavera” e che attraverso quello che è stato chiamato un “golpe popolare” (protetto dall’esercito) ha deposto il presidente Mohammed Morsi, sostenuto dalla Fratellanza musulmana, Magdy Habashi, un venditore ambulante di 60 anni di religione copta, è stato decapitato due giorni fa nel nord del Sinai. Prima di lui, sabato 6 luglio, Mina Abud Sharubim, un sacerdote cristiano copto, segretario del vescovo della città di El Arish, è stato ucciso in un agguato a colpi di arma da fuoco, forse per ritorsione dopo che il Papa copto Tawadros si era schierato a favore dei manifestanti contro il presidente.
Una strategia, quella dell’attacco contro i cristiani, che sembrerebbe potersi legare alla “teoria della cospirazione” propugnata negli ultimi giorni da alcuni siti web legati alla Fratellanza. Secondo quanto riporta il giornale online La Nuova Bussola Quotidiana, gruppi estremistici avrebbero individuato in un supposto complotto giudaico-cristiano l’origine del golpe contro Morsi: i palestinesi di Hamas sul loro quotidiano Falesteen hanno scritto che “ciò che sta accadendo in terra d’Egitto è una cospirazione intercontinentale e i suoi risultati vanno ben oltre i confini dell’Egitto. Non è solo un affare egiziano, ma arabo e islamico, e riguarda tutta la regione”. Allo stesso modo, il sito vicino alla Fratellanza Ikhwan Online ha accusato il nuovo presidente Adli Mansour, già presidente della Corte costituzionale egiziana, di essere un “cristiano”, per di più appartenente alla setta degli “avventisti del settimo giorno”, diretta emanazione dell’ebraismo, “mandato al potere da una giunta di criminali”.
India
Ma la religione cristiana è nel mirino anche nel subcontinente indiano. In Pakistan, come riporta l’agenzia delle Pontificie Opere Missionarie Fides, sarebbe in atto una strategia di minacce contro interi gruppi di cristiani per spingerli a lasciare il Paese: da ultimo il caso di una famiglia del quartiere cristiano Mazoor Colony di Karachi, che sta ora cercando rifugio all’estero; in Canada ha, invece, trovato ospitalità la famiglia di Rimsha Masih, la adolescente disabile mentale accusata falsamente di blasfemia e arrestata nell’agosto 2012 e poi liberata. L’agenzia di informazione Asianews racconta che il 5 luglio una chiesa protestante, la Assembly of God Church, è stata assaltata nella città pakistana di Peshawar da due fondamentalisti. Il fatto, che ha visto l’uccisione di un poliziotto di guardia al luogo di culto, è stato stigmatizzato da padre Joseph Edward, della diocesi di Lahore, che al contempo ha duramente criticato le parole del partito al governo nella regione (il Pti, Movimento pakistano per la giustizia) contro le minoranze, che avrebbero così alimentato le tensioni.
Tuttavia, neppure dal punto di vista legislativo la situazione sarebbe tranquilla. In India, nello stato centrale del Madhya Pradesh, è in corso un braccio di ferro voluto dal partito nazionalista indù al governo “Bharatiya Janata Party” per inasprire la legislazione che vieta la conversione ad altre religioni. Una mossa che trova la resistenza del “Consiglio globale dei cristiani indiani” (Gcic), che definisce “tale decisione frettolosa, parte di un piano che intende creare un clima di sospetto e di odio nei confronti della comunità cristiana, in vista delle elezioni parlamentari del 2014”.
Papa francesco e le periferie del mondo
Non più tardi di un mese fa monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu a Ginevra, aveva denunciato la situazione di grave violenza e discriminazione subita dai cristiani nel mondo, confermando nella sostanza un rapporto Usa del centro di ricerca “David Barret”, che alla fine del 2012 stimava in 105 mila i fedeli cristiani uccisi nel corso dello scorso anno. Oltre a quanti vengono assassinati – aveva detto Tomasi – si assiste alla “distruzione dei loro luoghi di culto, allo stupro e al rapimento dei loro leader”, a causa di fanatismo, intolleranza, terrorismo, leggi discriminatorie, che si farebbero strada anche in Europa e in Occidente. Confermando, di fatto, quella stanchezza della cultura, se non della spiritualità, cristiane continentali, a cui Bergoglio è ora chiamato a far fronte.
Da Lampedusa Papa Francesco ha aperto le braccia agli ultimi e ai migranti di ogni nazionalità e religione, chiedendo perdono per le colpe commesse nei loro confronti, frutto di “anestesia del cuore” e di una sorta di “globalizzazione dell’indifferenza” nella società del benessere. Ma chi apre le braccia, si aspetta anche di essere abbracciato. Perché le “periferie” sono ovunque, e – come ha scritto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera – “il rispetto per le speranze, i sogni, i diritti, i lutti e i dolori degli altri, almeno quello, è un dovere assoluto. Non solo dei cristiani”. Ma anche per i cristiani.